Gaetano Salvemini - L'Italia vista dall'America

L'Italia vista dalt'America le braccia al collo di Mussolini, e lo baciò. Poi, il 25 giugno, Monsignor Enrico Pucci, persona che si poteva incontrare dappertutto in Vaticano benché non avesse nessun incarico ufficiale, e che si vanta di essere stato un amico di lunga data e collaboratore di Pio· XI, pubblicò un articolo nel quale ammonf Don Sturzo a "non continuare a creare im– barazzi alle autorità ecclesiastiche." Don Sturzo rispose che egli non aveva bisogno di prendere in considerazione opinioni espresse da una persona che non aveva alcuna posizione ufficiale nella gerarchia cattolica; "egli si sa– rebbe soltanto conformato a chiare istruzioni date dai suoi superiori le– gittimi." Ma, strano caso, 1'11 luglio egli dette le sue dimissioni da Se– gretario del suo partito con la seguente dichiarazione: Non posso continuare a costituire un pretesto, di cui ci si serve slealmente per presentare sotto falsa luce i rapporti fra il Partito popolare e la Chiesa, trascinando quest'ultima in litigi politici che il partito deve affrontare sotto la propria responsa– bilità, in completa indipendenza. Ritengo perciò che sia mio dovere di impedire senza indugio che l'attacco contro la Chiesa vada oltre gli agguati e le minacce. Il giornale liberale La Stampa fu piu esplicito di Don Sturzo: In Vaticano si è temuto che l'ostilità fascista si estendesse al clero in generale. Gli alti circoli fascisti avevano avvertito il Vaticano che era impossibile salvaguardare piu a lungo la persona di Don Sturzo, o il clero in generale, nelle diverse regioni d'Italia. Di fronte a questo stato di cose il Vaticano si allarmò e siccome Don Sturzo aveva an– teriormente offerto di ritirarsi, qualora la sua persona avesse dovuto creare difficoltà al Vaticano, questo fece sapere a Don Stu1·zo che era giunto il momento di dimettersi. Don Sturzo inviò subito le sue dimissioni che furono prima di tutto rese note al Va– ticano [corsivo nostro]. Il Popolo, quotidiano del partito diretto da un amico di Don Sturzo, riprodusse nel suo numero del 12-13 luglio 1923 queste parole de La Stampa senza rettifiche né da parte di Don Sturzo, né da parte del Vaticano. Dobbiamo perciò ritenere che La Stampa dette una versione corretta dei fatti. Chi erano i "superiori legittimi" alle cui "chiare istruzioni" Don Sturzo dovette uniformarsi? Erano il vescovo di Roma, cioè il Papa, ed il Cardinale Vicario, cioè il sostituto del vescovo di Roma per conto del Papa. . Don Sturzo dice che ci furono esagerazioni e favole sulle sue dimis– sioni, e c'informa che se egli rassegnò le dimissioni da Segretario generale del Partito, rimase tuttavia membro della Direzione e del Consiglio nazionale del Partito, e che si ritirò nel monastero di Montecassino di propria volontà e non su ordine del Papa. Ma egli sa altrettanto bene quanto no1 che le sue dimissioni fecero un'enorme impressione e che il partito ne "fu scosso fino alle fondamenta." Nonostante tutti i tentativi di presentarle (le sue dimissioni) come un atto volon– tario avente un significato puramente personale, gli iscritti e specie gli ecclesiastici, 496 Biblioteca Gino Bianco

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