Gaetano Salvemini - L'Italia vista dall'America

"Vaticano e fascismo secondo Salvemini e La, Piana" sta fu l'unica ragione: in America c'erano circa cinque milioni di· italiani sottoposti ad una propaganda fascista di eccezionale intensità. L'italiano medio, chiamato sprezzantemente "Dago," con l'aggiunta di "Caporetto e Adua" che gli veniva gettata in faccia, vedendo Mussolini portato ai cieli dalla stampa quotidiana, vedendo che gli si concedevano prestiti dalle banche americane, vedendo che ne parlavano bene diplomatici ed eminenti personaggi, si sentiva uguale agli altri americani, anzi supe– riore. I sacerdoti italoamericani ri·cevevano aiuto e favori per le loro chiese e le loro scuole; i vescovi giubz'lavano. Poi vennero i Patti Late– ranensi', la concz'liazione tra l'Italia ·e la Chiesa e le azz'onz' di Musso– lini' sali'rono alle stelle. In Canada egli' fu raffi"gurato sulle mura di una çhiesa insieme ai santi e alla Madonna. Questa condizione psicologica di persone lontane dal confiùto politico e morale ùaliano non ha im– portanza per lo storico? È deplorevole che le voci dei democrati"ci cri– stiani non venùsero ascoltate; che perfino padre Gillis, direttore del Catholic World dica che fu crùicato per la sua posz'zione antifascista; e la stessa cosa accadde a Commonweal e ad altri·. Se ne deve trarre la conclusione che era di'fficile fare ascoltare una voce critica i·n un'atmosfera tanto arroventata. Non è il primo caso del genere in America. Secondo Salvemini e La Piana, Pi·o Xl, per evitare lo sfruttamento politi'co che Mussolini ne avrebbe fatto, avrebbe dovuto rifiutare la solu– zione della Questione Romana. Chi scrive era della medesima opz'm"one nel 1929 e infatti la espose su una rivista inglese. Ma rifiettendovi oggi, bisogna conveni"re che la Questi"one Romana era già vicina a soluzione quando il cardinale Gasparri entrò in trattative col pri·mo ministro liberale Orlando e con- Nitti (1919-1920), e che un rifiuto di Pio XI a Musso– lini sarebbe stato un atto di ostilz'tà, che altri avrebbe potuto compz'ere, ma che Pio XI non poteva compiere. Da quando era stato proclamato Pa– pa, Pio XI aveva sperato di risolvere la questione, e ne aveva dato un chiaro segno per la prima volta dal 1870, quando aveva impartito la bene– dizione al popolo romano dal balcone di piazza San Pietro il giorno della sua elezione. Quando il fascismo si i1J1padronf del potere ( e certo nes– suno può di're che Pio XI favorisse la marcia su Roma) egli' concepf, la speranza di· i'ndurre Mussolini e la sua banda a costituire un governo normale e cz'vile. Per questi motivi, contava sulla collaboràzione dei cat– tolici con i fascisti·, e fu deluso quando i membri del Partito Popolare dichiararono impossi"bile questa collaborazione, perché era venuta meno la lz'bertà. (Congresso di Torino dell'aprile 1925.) Infine, egli pose come condi'zione per qualsiasi soluzi"one della Que– sti'one Romana la sti'pulazi'one di un concordato? È noto che Pi"o XI credeva nell'efficada del concordato, e dopo quello con Mussolini ne stipul.ò un altro con Hitler. Era l'epoca dell'appeasement non solo politico · ma anche religioso. Dopo tutto, fu lo stesso Pio XI che a poco a poco si convinse che il fascismo anziché normali"zzarsi, stava diventando un fattore morale 487 BibliotecaGino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy NjIwNTM=