Gaetano Salvemini - L'Italia vista dall'America

Prefazione Terminata la guerra, Salvemini avverti che oramai vi era minore bisogno della sua campagna di stampa per illuminare l'opinione pubblica americana sulle cos,e italiane. Le comunicazioni postali coll'Italia erano state riprese, egli poteva scambiare le idee per lettera con i suoi migliori amici, ed esercitare cosz la sua infiuenza personale. Prese quindi commiato dal gruppo repubblicano de L'Italia Libera 25 con uno scritto z·n cui espose le varie ragioni per cui egli cessava la sua collaborazione al giornale. Colla usuale franchezza non celò il suo disappunto per alcuni atteggiamenti del partito repubblicano in Italia. Questo gli parve disposto a intese e com– promessi con cattolici e comunisti, mentre non risparmiava aspre critiche ai repubblicani del Partito d'Azione e del partito socialista. Senza voler sminuire i' meriti del piccolo partito che dal Risorgimento in poi aveva tenuto alta la bandiera repubblicana di Mazzini e di Cattaneo, sembrò a Salvemini che non ci si potesse e dovesse limitare a fare campagna per la Repubblica tout court, ma bisognasse pure prendere nettamente posz'zione sui vari problemi concreti della ricostruzione, non esclusa la questione dei rapporti tra Stato e Chiesa, e la conseguente necessità di abolire il Con– cordato mussoliniano, cose queste che i repubblicani in Italia si astenevano dal fare. Per pochi altri mesi ancora continuò a indirizzarsi al pubblico di lingua inglese attraverso le colonne del mensile Free Italy, e poi anche questo cessò le pubblicazioni. Cominciava un'altra fase nella sua operosità: il ritorno agli studi di storia per preparare il suo ultimo libro Preludio alla Seconda Guerra Mondiale, e la ripresa della collaborazione ai periodici democratici che avevano ripreso a pubblicarsi in Italia. Negli anni della seconda guerra mondiale la mente di Salvemini lavorò a pieno regime, e, sotto la spinta della gravità della crisi internazionale le sue energie si moltiplicarono. Chi conosca tutto l'arco della sua vita non si assocerà certo al giudizio di quei critici, secondo i quali, tutto quel che egli pensò e scrisse dopo aver lasciato l'Italia nel 1925 è di qualità inferiore rispetto alla sua produzione anteriore. Il ventennio del!'esilio è anzi uno dei periodi piu fecondi del!'attività sal– veminiana e corona degnamente quella precedente. Basti pensare allo spirito di abnegazione con cui Salvemini visse ed operò mazzinianamente con– centrato in una sola idea, quella di concorrere all'abbattimento del fascismo e all'istituzione di una Repubblica democratica in Italia. In esilio, assillato dal sacrificio dei suoi migliori discepoli e amici, rin– chiusi nelle prigioni fasciste, costretti nei luoghi di confino, o, come i fratelli Rosselli>caduti vittime del .terrore fascista, egli compi una mole di lavoro individuale superiore a quella di ogni altro esule antifascista. A volte il suo temperamento pieno di fuoco potè spingerlo a eccessi verbali, potè altre volte compiere errori di giudizio dovuti al!'assenza dall'Italia da tanti anni ( benché fosse sempre colla mente e col cuore in Italia) ma, d'altra parte, is Commiato, in "L'Italia Libera," 16 ottobre 1945. XXXIX BibliotecaGino Bianco

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