Gaetano Salvemini - L'Italia vista dall'America

Prefazione possibile, ardentemente desiderata dall'aristocrazia e dall'alta borghesia ita– liana, contro i rischi di moti repubblicani, socialisti e comunisti. Si voleva mantenere intatta l'impalcatura burocratica fascista conservando nei loro po– sti e nelle loro cariche prefetti ed altri funzionari del governo locale. Si vole– va dare posizioni di controllo al clero nella distribuzione dei soccorsi, nel– l'insegnamento e persino nell'amministrazione locale. Si cercava di tenere a bada i gruppi repubblicani socialisti e comunisti ( difficile fare comprendere ad ufficiali e funzionari americani esaltatori della "iniziativa privata" i quali consideravano come anatema ogni cosa che odorasse anche lontanamente di socialismo, che le condizioni italiane erano ben diverse da quelle prevalen– ti negli Stati Uniti). Infine, si voleva ritardare il piu a lungo possibile il mo– mento d'indire le elezioni amministrative e quelle politiche anche dopo la cacciata dei tedeschi dalla penisola. Queste le linee principali del piano Vati– cano. Per fortuna, l'azione del movimento partigiano nell'Italia ancora oc– cupata, dava ragione di sperare che al momento della Liberazione questi disegni dei gruppi conservatori· potessero essere sventati. La lontananza dall'Italia portò tuttavia Salvemini ad essere troppo se– vero verso la politica dei partiti rappresentati nei Comitati di Liberazione nazionale non escluso quel Partito d'Azione nel quale militavano non po– chi dei suoi migliori amici, uomini come Ernesto Rossi, Riccardo Bauer, Ferruccio Parri e tanti altri. In fondo il Partito d'Azione, era quello che piu di ogni altro si avvicinava al movimento di Giustizia e Libertà e all'insegna– mento di Salvemini, repubblicano, laico, anticlericale, e in alcuni punti del suo programma appariva piu moderno dello stesso partito socialista, allora legato dal patto di unità di azione ai comunisti. Quanto ai comunisti, Salvemini non aveva mutato la sua vecchia opi– nione che non vi fosse da fidarsene, perché volevano sostituire un regime dittatoriale di sinistra a quello fascista, cosa che ogni sincero amante delle istituzioni democratiche e della libertà non avrebbe mai potuto accettare. Ec– co perché in tema di rapporti tra gruppi democratici antifascisti e comunisti, pur senza indulgere ad alcuna forma di preconcetto anticomunismo, egli aveva sconsi'gliato anche in A meri ca l'unità di azione coi comunisti, pref eren– do che democratici e comunùti "marciassero divisi e colpissero uniti" il ne– mico comune. 15 Una nuova polemica tra Don Sturzo da un lato, e Salvemini e La Piana dall'altro, si svolse sul punto seguente: i due storici, visto che il Concordato del 1929 era tuttora i'n vigore, proposero che venisse almeno applt'cato anche in quei pochi articoli che sono favorevoli allo Stato, come ad es. quello che vieta al clero di svolgere attività polùica. 16 Secondo Salvemini e La Piana il governo di Roma avrebbe dovuto chi'edere al Vaticano, come aveva già fatto De Gaulle in Franda ottenendo soddisfazione, che venissero sostituiti quei cardinali e quei vescovi i· quali si erano distinti per il loro acceso collabora- 1s Marciare divisi e colpire uniti, in "L'Italia Libera," 1° settembre 1943. 16 Vedi l'articolo Un'idea peregrina secondo Don Sturzo, in "L'Italia Libera," 16 aprile 1945. xxxv BibliotecaGino Bianco

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