Gaetano Salvemini - L'Italia vista dall'America

L'Italia vista dall'America li andrebbe incontro non solo a tremende difficoltà tecniche e ammm1- strative, ma alla piu ostinata resistenza di vasti gruppi della popola– zione urbana. Il problema di creare una democrazia industriale in Italia deve essere risolto senza fanatismo e con metodi pratici e non in base a teorie e ideologie astratte concepite nel vuoto. È avvenuto spesso nella storia che dopo il crollo di un regime, schiacciato sotto il peso dei suoi stessi errori, gli uomini che instaurano il nuovo regime, mossi dall'odio cieco contro i loro predecessori, distrug– gano senza discriminazione tutto ciò che fu fatto da questi ultimi. Se fosse possibile, i nuovi capi distruggerebbero persino ·la memoria di quel passato spiacevole. Una tale distruzione indiscrin1inata è sempre poco saggia, poiché come non vi è un governo per quanto buono che non faccia sbagli, cosi non vi è un governo per quanto cattivo che non costruisca qualche cosa degna di essere conservata. Nel campo dei rapporti tra capitale e lavoro, la dittatura fascista, quando assunse il potere, trovò in Italia tutta una rete di associazioni di datori di lavoro e di salariati già esistente. Queste associazioni erano state formate con azione libera e spontanea da parte dei soci, ed erano ammini– strate da funzionari liberamente scelti dagli stessi soci. Ma queste organizza– zioni non erano legate fra di loro, in modo da formare un tutto orga– nico, e comprendevano solo quella parte della popolazione che aveva voluto entrarvi. Il regime fascista le sciolse, confiscò i loro averi e poi creò le cosiddette corporazioni, cioè associazioni di datori di lavoro, di professionisti, di funzionari pubblici accanto a sindacati di operai di tutte le classi e categorie.. Sarebbe un grande errore distruggere questa struttura di organizzazioni coordinate soltanto perché essa fu una creazione della dittatura. Questa struttura meriterebbe di essere conservata e modi– ficata in modo da essere adattata al nuovo ordine. Attualmente tutta la popolazione italiana è inquadrata in queste organizzazioni, che hanno delle sedi nazionali, provincia~i e locali, ma che sono dirette da funzionari nominati dall'alto dal Ministero delle Corporazioni. Esse non sono organiz– zazioni libere, ma strumento passivo della dittatura e del partito fascista; i loro iscritti non hanno diritti, ma solo il dovere di pagare le loro quote, che i datori di lavoro detraggono dai loro salari e stipendi e versano direttamente ai funzionari incaricati delle casse sindacali. Licenziando. i funzionari fascisti e restituendo agli iscritti il loro pree- . sistente diritto di scegliere liberamente i loro segretari locali, provinciali e nazionali, e di tracciare la loro politica ed il loro programma d'azione, queste organizzazioni riceverebbero nuovo impulso vitale e funzionerebbero efficacemente nel nuovo regime repubblicano. Naturalmente, gli operai ita– liani faranno degli sbagli, nell'imparare di nuovo ad amministrare i loro sindacati; essi dovranno continuare ad imparare provando e riprovando. Questo è avvenuto anche nei sindacati operai americani ed inglesi. Gli italiani potrebbero approfittare delle esperienze di questi ultimi, ed evitare alcuni dei mali che affliggono i nostri sindacati, come le esorbitanti 346 BibliotecaGino Bianco

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