Gaetano Salvemini - L'Italia vista dall'America

Prefazione l'Italia, lavoro fra i prigionieri, incontri con esuli jugoslavi per preparare una federazione adriatica) e la sfiducia nei piani italiani di Churchill e il con– seguente dovere per lui di farvi opposizt'one. Le notizie di stampa che giun– gevano dall'Inghilterra, come ad esempi'o quella di fare di Trieste una Città ubera, erano tutt'altro che rassicuranti. Le tendenze filomonarchiche di Chur– chill, i·l completo silenzio sul destino riservato all'Italia nel dopoguerra, fa– cevano ritenere utopistiche le speranze che gli t'nglesi consentissero la for– mazione di una legione di volontari con bandiera repubblicana. La propa– ganda i'n America per il reclutamento di una legione austri'aca capitanata dal pretendente al trono degli Asburgo fu un'altra doccia fredda sugli entusiasmi salveminiani. Finché non si fossero avute serie garanzie ufficiali dai governanti' anglo-ameri'cani circa la sorte futura dell'India~ sarebbe stato impossibile cooperare senza riserve cogli Alleati sul pi,ano politico ed. era preferi'bile illuminarli con una campagna di stampa su quel che si sareb– be dovuto fare e sugli errori da evitare in Italia. A mano a mano che i dubbi' circa le intenzioni alleate nei confronti dell'ltali'a si facevano piu assi"llanti,si venne determinando una divergenza di vedute tra Salvemini e quelli tra i suoi amici che ne condividevano le preoccupazioni da un lato, e il gruppo della Mazzini facente capo a Sforza, Tarchiani e Ascoli dall'altro. Salvemini, convintosi oramai che gli i"nglesi tendevano a conservare la monarchi'a in Italia e a favorire per il dopoguerra una specie di "fase~ smo senza Mussolini" riteneva che il dovere degli' esuli e degli altri della Mazzini fosse quello di fare pubblt'camente una campagna di opposizione politica chiedendo garanzie per l'integrità del territorio nazionale, una for– ma repubblicana di governo e la completa separazione dello Stato dalla Chiesa. Il gruppo Sforza-Tarchi'ani-Ascoli riteneva esagerati i timori dt' Salve– mini, e favoriva piuttosto una politica di contatti discreti cogli alti funzio– nari del Dipartimento di Stato, di suggerimenti sul da farsi, di osserva– zioni su errori commessi affinché non fossero ripetuti, il tutto sempre fatto con grande prudenza in modo da non urtare le suscettibilità dei capi al– leati. Non sembrava opportuno al gruppo Sforza-Tarchiani-Ascoli mettersi pubblicamente sul piano di una netta opposi'zt'one ai potenti capi alleati, del cui aiuto l'Italia avrebbe avuto assoluto bisogno nel dopoguerra. La lunga permanenza di Salvemini pri'ma in lnghi'lterra e poi in America, lo aveva invece persuaso che gli anglosassoni ascoltano e rispetta– no piu coloro che parlano chiaramente e si pongono sul solido terreno dei principi che non coloro che non osano affrontare i potenti a viso aperto. Del resto, la linea politica di un'opposi'zione netta ai governanti alleati era quella che meglio si confaceva al suo_temperamen:to intransigente. Ri– peteva che i deboli, proprio perché sono deboli, debbono mantenersi an– corati ai principz di giustizia internazionale senza stancarsi di chiedere giustizia per il proprio popolo in nome delle idealità democratiche che sono XXIII BibliotecaGino Bianco

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