Gaetano Salvemini - L'Italia vista dall'America

Prefazione giunta un'i"ntesa con Stalt'n quando questi non poteva fare a meno degli aiuti anglo-americani sarebbe stato ben piu di"-fficileaccordarsi con lui a guerra finita. "Coloro i quali: evitano di affrontare fin da ora questo pro– blema fondamentale nella speranza d'ingannare Stalin alla fine della guer– ra non fanno altro che ingannare se stessi." Un accordo con Stalin nel 1942, quando gli ai·uti alleati erano per la Russia questi"one di vita o di morte sarebbe stata l'unica speranza di evitare l'introduzione di regimi co– munùti al di.fuori della Russia mediante l'intervento dell'Armata Rossa. Il sùtema di sicurezza collettiva delt'neato da Salvemini andava ben oltre quello che sarebbe stato attuato col sorgere dell'ONU. Esso prevede– va una radi.cale ri·nunzia al dogma dell'i"llt'mitata sovranità" nazionale, forze armate sovrannazi"onalt' integrate e superiori alle forze armate di qualsiasi paese membro dell'organizzazione, dotate di un' avi·azione assai piu forte del– le forze aeree dei si·ngolt' Stati, col sussidio delle quali la nuova Lega delle N azi"om·avrebbe potuto stroncare qualunque atto di aggressione in qual– siasi parte del mondo. Vi"ceversa, nel dopoguerra nessuna delle grandi po– tenze si è sentita di rinunziare alla propria illt'mitata sovranità nazionale, sicché l'ONU è nata col vizi·o di ori"gine del diritto di veto conferito alle maggiori potenze, colle paralt'zzanti conseguenze di i·nefficienza e scarsa autorità di cui si"amo stati testimoni nell'ultimo ventennio. Chi segua attraverso i suoi scritti l'atti"vità di Salvemini nel bi"ennio 1941-1942, nota un'oscillazione tra i"l suo desideri·o di cooperare cogli Al– leati e il dubbio che fosse possibile fare ci"ò senza rùerve, visto che prevale– vano nelle sfere alleate idee e piani· per l'Italt·a del dopoguerra che_non potevano essere accettati da un antifascista repubblt'cano e democratico. Tal– volta, in lettere private ad ami"éi, si dùse pronto ad andare in Inghilterra a svolgere opera di educazione politica fra i· prigionieri· italiani, e aggiunse che volentieri sarebbe andato i"n Europa a parlare dalla radio agli italt"ani purché gli fosse stata lasciata pi"ena libertà di svolgere propaganda repub– blicana. Fra i· duecentomi"la pri"gionieri italiani degli i·nglesi se ne sareb– bero potuti· trovare molte migliaia dùposti a battersi come volontari per una Repubblica italiana. Poteva formarsi una divùione italiana che combattes– se a fianco degli" anglo-americani per la liberazi"one del paese dal nazifa– scismo - egli scrisse ad un'amica inglese i"l 30 aprile del 1941 - e la pre– senza sul campo di" battaglt"adi questa divùione garibaldina avrebbe anche permesso l'orgam"zzazione di un Comitato nazionale per un'Italia libera che' rappresentasse fino alla fine del confiitto gli interessi del popolo italia– no presso i governi inglese e americano. In un'altra lettera ad un esule negli Stati" Uniti dell'inizi·o del 1941 Salvemini scriveva: "Chi non combatte non esiste. Il fatto di avere in campo diecimila uomini ci permetterà di discu– tere. Non possi·amo pretendere di conoscere in anticipo le intenzioni del governo inglese. Il mondo appartiene a coloro che sanno conquistarselo." Come si vede, in quei mesi vi fu un contrasto nell'am·mo di Salvemini fra l'impulso di partecipare attivamente, anche con i"niziative pratiche (come contatti colle autorità inglesi, propaganda personale alla radio di"retta al- XXII BibliotecaGino Bianco

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