Gaetano Salvemini - L'Italia vista dall'America

La sorte dell'Italia il grande serv1z10 di mettere praticamente tutti gli italiani al suo seguito con la tragica farsa delle cosiddette sanzioni. Sembra che ora Churchill vo– glia ripetere lo stesso errore su piu larga scala, perché sta facendo del suo meglio per costringere gli italiani a serrare i loro ranghi attorno a Mussoli– ni con un'unità morale che non esisteva prima del 1941. Un inglese, che conosce a fondo la storia e la mentalità italiane, ha scritto quanto segue: Come nazione l'Italia non è mai stata ridicola. La storia del popolo italiano è stata una lunga tragedia, e non fu minore tragedia quella di esser chiamato da su– perbi inglesi "amante del piacere." La verità è che la storia dell'Europa ha impor– tanza molto piu vitale per gli italiani che per gli altri popoli europei, proprio perché la storia dell'Europa s'identifica colla storia d'Italia. Sono gli italiani quelli che hanno sofferto piu di ogni altro popolo per gli errori e per le ambizioni non soltanto dei loro compatrioti_ ma, in misura ancora maggiore, per -quelli degli stranieri. Il biso– gno fascista di auto~affermazione non può venire sottovalutato con aria di sufficienza come cosa "un po' ridicola." È l'esplosione di una repressione. È l'espressione di un senso di ingiustizia. È la reazione psicologica alla conv!nzione che l'Italia è stata per troppo tempo destinata al saccheggio da parte dello straniero. Il fascismo è l'espressione esa– gerata di questo sentimento. E per questo il fascismo è diventato predatore. Una simile rivolta produce una deviazione, ma è una sinistra deviazione che può tradursi in una tragedia per l'Europa oltre che per l'Italia. (Hambloch, ltaly Militant, Londra, Gollancz, 1941, pp. 246-247). \ Il piano britannico di mutilare un'Italia fascista senza Mussolini non poteva essere attuato in contrasto coll'opinione pubblica americana. Biso– gnava perciò che il disprezzo per la codardia italiana fosse alimentato anche in America. Il New York Times dell'8 gennaio 1942, raccontò la storia di venti aviatori britannici che, senza armi, fecero .250 prigionieri italia– ni. In realtà era avvenuto che diciannove aviatori britannici che erano stati abbattuti nel Mediterraneo, approdarono in Libia, disarmati, trasportando uno dei loro cannonieri gravemente -ferito. S'incontrarono con una pattu– gli~ isolata di 50 o 60 italiani. Questi dissero agli inglesi che li avevano fatti prigionieri. Gli inglesi sostennero che prigionieri erano gli italiani dal momento che il territorio era in mani britanniche. Se gli italiani fos– sero stati delle belve feroci fanatiche avrebbero ucciso ·gli inglesi e la sto– ria sarebbe finita H. Ma erano persone ragionevoli. Perché uccidere delle per– sone disarmate ed innocue? Inoltre, se era effettivamente vero che quel territorio si trovava in mani britanniche, i nuclei italiani che erano stati lasciati indietro dovevano scegliere fra morir di fame e di sete nel de– serto, oppure arrendersi. Cosi: italiani e inglesi convennero di marciare insie– me fìno alla prossima posizione. Se gli inglesi erano veramente. H, gli ita– liani avrebbero ammesso di essere prigionieri; se c'erano invece gli italiani, la parte di prigionieri sarebbe toccata agli inglesi. Questi ultimi vinsero la scommessa. La vicenda, una vicenda di buon senso e di umanità, fu presentata dal New York Times, quale prova di eroismo ingles@e di vil– tà sotto il titolo "Venti inglesi si aprono con la parola il passaggio attra~ 197 BibliotecaGino Bianco

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