Gaetano Salvemini - L'Italia vista dall'America

L'Italia vista dall'America non fa alcuna menzione di propaganda politica, merita una sconfinata am– mirazione. Pensano forse gl'inglesi, che ciò che gli ufficiali ed i cap– pellani fascisti che controllano i prigionieri dicono e fanno, non sia pro– paganda politica? Il succitato corrispondente del New York Times scri– veva anche: ''Noi non potemmo visitare, né parlare con i singoli prigio– nieri perché ciò è vietato dalla Convenzione di Ginevra." I prigionieri, però, hanno a loro disposizione la radio di Roma, che, a quanto pare, non fa propaganda politica. Di'al~ro canto, la Convenzione di Ginevra fu igno– rata quando ai soldati jugoslavi, che erano nell'esercito italiano di Libia, e che furono fatti prigionieri dagl'inglesi, fu permesso di riorganizzarsi sotto la bandiera jugoslava. Nel Daz·zyMail di Londra dell'll novembre 1942, si legge: Persone che sono in contatto coi prigionieri di guerra italiani trovano che quegli uomini spesso non hanno alcuna idea delle istituzioni elementari della democrazia, piu di quanto non ne abbiano delle leggi dei Medi e dei Persfani. Alcuni prigionieri che lavorano la terra in questo paese furono sorpresi dalle prospere condizioni dei conta– dini britannici. Si sperava che ciò avrebbe loro aperto gli occhi sui benefici della de– mocrazia. Invece, la loro ingenua conclusione fu: allora, dopo tutto, aveva ragione Mussolini, quando ci diceva che gli inglesi si erano impossessati di tutte le ricchezze del mondo e non avevano lasciato niente per noi poveri italiani. Perché do~rebbero pensare altrimenti? Nel corso di due anni a nes– suno fu permesso di dire loro che erano in errore. Ciò non soltanto sareb– be stato in contrasto con le disposizioni della Convenzione di Ginevra, ma avrebbe potuto anche causare disordini in Italia alla fine della guer– ra. Nei prigionieri di guen:a italiani devono essere coltivate le idee fasciste, cosicché, quando ritorneranno in patria, aiuteranno a mantenere "la legge e l'ordine" nei confronti del "bolscevismo." Mentre scriviamo migliaia di prigionieri di guerra italiani vengono portati in America. Saranno anche essi tenuti isolati come quelli che sono nelle mani degli inglesi? Mentre non si faceva nulla per creare fra i prigionieri italiani una mentalità democratica che potesse venire utilizzata in Italia durante il pe– riodo della ricostruzione postbellica, il Ministero delle Informazioni britan– nico ripeteva in tutti i toni possibili il ritornello della vigliaccheria italiana. Nessuna persona con un po' di intelligenza rise della catastrofe po– lacca nel 1939, dell'insuccesso inglese in Norvegia, dei disastri olandesi, belgi e francesi del 1940, né delle tragedie della Jugoslavia, di Pearl Har– bour, di Singapore, di Giava, delle Filippine, di Tobruk nel 1941 e 1942. Quando i soldati devono combattere contro truppe meglio armate, o con– tro la ottusità dei propri capi, e specialmente se le due cose si sommano, il disastro è inevitabile. Nel caso degli italiani in Grecia durante il 1940 e 1941, e in Libia nel 1941, come dei francesi nel 1940, gli armamenti insufficienti e l'incapacità dei comandanti costituirono una combinazione che portò diritto alla sconfitta. Aggiungiamo a questo il fatto che gli ita– liani non combattevano una guerra difensiva sul loro proprio suolo, come i francesi. Essi furono mandati ad attaccare la Grecia, un piccolo inno- 194 ,. BibliotecaGino Bianco

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