Gaetano Salvemini - L'Italia vista dall'America

L'Italia vista dall'America 2. Rivoluzione e pace separata Nessuno ha mai preteso che i francesi, i belgi, gli olandesi, i nor– vegesi o i danesi, dovessero sollevarsi e rivoltarsi apertamente contro i loro padroni nazisti. Soltanto gli italiani sono stati spronati a tentare la rivolu– zione. Questo discutibile privilegio è stato loro riconosciuto sol perché una tempestiva rivoluzione italiana sarebbe, dal punto di vista militare, una manna dal cielo. Disgraziatamente, però, è follia suggerire che un po– polo controllato dai nazisti debba rivoltarsi. Un popolo disorganizzato e di– sarmato non può sollevarsi contro un governo che dispone di tutti i mezzi bellici moderni. Il crollo del Secondo Impero in Francia nel set– tembre 1870, la rivoluzione russa del 1917, le rivoluzioni austriaca e tede– sca del 1918 furono tutte conseguenze di disfatte militari. Soltanto dopo la disgregazione delle forze armate di un governo, o quando i capi di un esercito si sono talmente screditati da perdere l'appoggio dei loro sol– dati, una seria sollevazione rivoluzionaria diventa praticamente possibile. Ci piacerebbe molto di assistere ad un altro massacro simile a quello dei Vespri Siciliani, diretto questa volta contro i nazisti ed i fascisti, in Sicilia. Ma i pugnali ed i coltelli che conseguirono il loro scopo nei primi Vespri, non sarebbero oggi sufficienti contro l'artiglieria dei regimi to– talitari. Perciò dobbiamo ringraziare Elmer Davis, direttore dell'Ufficio delle Informazioni di Guerra, per aver detto che egli non si attende una aper– ta rivolta in Italia, e per aver messo fine alla ignobile assurdità di far sapere ~gli italiani, lontani quattromila miglia, da parte di radiocommentatori, co– modamente seduti nelle stazioni radio ad onde corte di New York, che essi debbono regalarci gratuitamente e a· comando una rivoluzione bella e pronta. Il Direttore dell'O.W. I. ha abbandonato l'idea, non solo di una ri– voluzione italiana prima del crollo militare del fascismo, ma anche di un qualsiasi movimento rivoluzionario dopo che si sarà avuto un tale crollo. Secondo il New York Sun del 7 dicembre 1942, egli ha detto recisa– mente: "Non c'è nessun segno dell'esistenza in Italia di un gruppo at– tivo che possa organizzare una reale resistenza, e noi non lo incoraggiamo." È ovvio che non solo il nostro Dipartimento di Stato è giunto alla conclusione che non si può fare assegnamento su una rivoluzione in Ita– lia prima che le forze armate britanniche ed americane avranno distrutto la macchina militare fascista, ma che esso ha anche perduto ogni inte– resse in una rivoluzione antifascista, dal momento che piu tardi una tale rivoluzione non avrebbe alcuna utilità dal punto di vista militare. Ci sono già troppi grattacapi. Secondo il "Piano americano per la riorganizzazione del mondo" che fu tracciato nell'American Mercury del novembre 1942, uno degli scopi americani è quello di "impedire che nei paesi sconfitti possano scoppiare delle rivoluzioni." Essendo questi i piani del nostro Dipartimento di Stato~ è difficile com- 184 BibliotecaGino Bianco

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