Gaetano Salvemini - L'Italia vista dall'America

La sorte dell'Italia Il fiasco del discorso di Churchill fu subito dimostrato dalla reaz10ne della Monarchia. Il Re, insensibile alle lusinghe ed agli appelli di Chur– chill, inviò un messaggio alle forze armate, esortandole a far s1 che "nessun ostacolo si frapponesse alla ascesa dell'Italia." Anche il Principe ereditario rivolse un appello all'esercito, che terminava con le parole: "Viva il Re, Viva il Duce." La Regina si diede tanta pena ad identificarsi con l'alleanza germanica che adottò la lingua tedesca, e giunse perfino ad indurre l'ambasciatore nipponico a parlarla, benché il piccolo diplomatico giapponese non ne conoscesse quasi una parola. La moglie del Principe ereditario, Maria José del Belgio, che alcuni ritenevano contraria al fascismo, perché nel 1938, in !svizzera, aveva assistito ad un concerto diretto da Toscanini, scelse proprio il giorno successivo al discorso di Churchill per annunciare che si era iscritta alla sezione femminile del partito fascista. Per comprendere pienamente la politica seguita dal Foreign Office bri– tannico nei riguardi della monarchia italiana, è molto istruttivo seguire le anticaglie dei giornali inglesi, rispecchianti le vedute dei circoli diplo– matici, coi loro pietosi tentativi di tener viva la speranza che, a un dato momento, la monarchia italiana si sarebbe staccata dal padrone tedesco per gettarsi tra le braccia dell'Inghilterra. La reazione del Re al discorso di Churchill causò una gran delusione, e, perciò, nella primavera del 1941, i giornali inglesi pubblicarono panegirici del Duca d'Aosta, Viceré di Etiopia, che, circondato col suo esercito e tagliato fuori da ogni cQmunicazione con l'Italia, fu finalmente costretto ad arrendersi agli inglesi. Si raccontò al pubblico che il Duca d'Aosta aveva sempre avuto avversione per Mussolini, che di lui ci si poteva fidare, e che lo si po– teva considerare un amico dell'Inghilterra. Fu attribuita grande importanza al fatto che il Duca era stato educato a Eton, e che, come antico allievo di Eton, aveva molte amicizie o relazioni con elementi della classe dirigente britannica. Queste notizie devono aver sorpreso molto gli Italiani, poiché sape– vano, fin troppo bene, che fin da principio la Casa d'Aosta era stata strettamente legata al fascismo, e che il Duca d'Aosta era stato nominato Viceré di Etiopia da Mussolini, per ricompensa del suo leale appoggio. Ben presto, però, si apprese che il Duca d'Aosta, prigioniero degli inglesi nel Kenya, stava per morire di tubercolosi. Questa fu certamente una sfortuna per gli inglesi, ma i signori del Foreign Office non se ne lasciarono troppo turbare. Immediatamente andarono a scovare il Re in sof– fitta, gli dettero una spolveratina e lo ripresentarono al pubblico. L'll novembre 1941, genetliaco del Re, la B.B.C. gli mandò gli auguri e i saluti dei britannici, proprio come se non fosse stato lui ad approvare e firmare la dichiarazione di guerra all'Inghilterra. Poi, temendo che il Re forse fosse troppo vecchio per poter avere nel futuro un gran valore, il Forei"gnOffice decise di dare maggiore importanza al Prin– cipe ereditario. Nel febbraio 1942, una corrispondenza da Lisbona al Daily Telegraph, riprodotta dai giornali americani, ci esortò a credere che 181 BibliotecaGino Bianco

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