Gaetano Salvemini - L'Italia vista dall'America

L'idolo sacro della "sovranità nazionale" limitare. Ciascuno di noi è pronto a sacrificare sull'altare della pace non la propria vita, ma quella di tutti i parenti di sua moglie. Quando oggi ci si dice che nel mondo del dopoguerra dovrà esser posta qualche limitazione alla "sovranità nazionale," dobbiamo chiederci se quest'affermazione sign.ifica che dovrà essere limitata soltanto la sovra– nità dei paesi vinti, o anche quella dei paesi vincitori. Dobbiamo renderci conto che è vano innalzare tra le nazioni la ban– diera della pace, se non si distrugge lo stato di anarchia internazionale che sorge dalla sovranità nazionale illimitata, non soltanto riguardo agli altri popoli, ma anche riguardo a noi stessi. Se siamo pronti a pagare questo prezzo per la pace, possiamo pure con– tinuare a discutere le altre condizioni che alla pace sono indispensabi– li. Ma se non intendiamo limitare la sovranità nazionale del nostro paese, mentre ci attendiamo che tutti gli altri paesi limitino la propria. non ap– pena noi lo vorremo - allora è vano continuare a chiederci qual è il prezzo della pace. Sarebbe piu pertinente chiedersi qual è il prezzo della nostra sovranità nazionale. •E la risposta non potrebbe essere che la se– guente: guerra, e ancora guerra, e per sempre guerra. Non vi sarà modo di sfuggire alla guerra. Senza dubbio non possiamo impegnarci a non avere mai piu alcuna con– troversia con nessuno. Per assicurare la pace, non possiamo congelare inde– finitamente il mondo. Nuove crisi esigeranno sempre delle modificazioni delle situazioni preesistenti. Un mondo perfetto e pacifico per l'eternità, gover– nato da leggi immutabili, non esisterà mai. Come la giustizia, cos1 pure la pace è una creazione continua. Ogni giorno l'umanità deve riguadagnarse– le, con uno sforzo costante, attraverso tentativi ed errori. Non è concepibile che tutti i governi del mondo debbano sedere in permanenza per giudicare di tutte le contese che possano sorgere ai quat– tro angoli della terra. Nemmeno un'umanità composta di esseri divini po- trebbe accollarsi una responsabilità tanto schiacciante. · E neppure possiamo consentire che tutti i popoli del mondo siedano come giudici in ogni contesa che possa toccare i nostri legittimi interessi nazionali. Su questi punti non v'è disaccordo. Ma, da ciò, non si ha il diritto di trarre la conclusione che la sovranità nazionale debba restare illimitata, e che non esista perciò alcun mezzo per evitare l'anarchia internazionale e la guerra che ne è la conseguenza. In una società civile, quando sorge una controversia privata, le parti interessate non hanno il diritto di ricorrere alle armi. Devono andare davanti al giudice o a un arbitro che deciderà chi ha tort'o e chi ha ragione. L'arbitro può sbagliare; può anche non essere imparziale. Ma la composi– zione pacifica delle liti presenta tali e tan~i vantaggi che, anche ammet– tendo la possibilità di errori o di parzialità, si preferisce correre questi ri– schi piuttosto che affrontare i mali di una perpetua violenta di– scordia. 117 Biblioteca Gino Bianco

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