Gaetano Salvemini - L'Italia vista dall'America

L'incidente Gentili tuali conversazioni. Con chi avrebbe conversato, da chi sarebbe stato presentato, non mi disse, né io domandai; uno deve astenersi da curiosità malsane dettate da vanità personale e non imposte dalla necessità di lavoro comune. Prima di lasciarmi, Gentile mi domandò se lo autorizzavo a fare il mio nome nel presentare le idee da me enunciate. "Perché no? Io non ho nulla da nascondere. Quelle erano le idee di Bissolati nel 1919. Quelle sono state sempre le idee mie. Presto le espor– rò in un libro che è in preparazione. Nulla dunque ti impedisce di attri– buirmele." Alcuni giorni dopo questa conversazione ricevei da tre diverse parti l'in– vito di intervenire al banchetto in cui il Sottosegretario Berle avrebbe parlato. Rifiutai. E spiegai che non potevo intervenire se prima non ero sicuro che Mr. Berle avrebbe dichiarato che il territorio nazionale italia– no sarebbe rimasto illeso, e anche in questo caso, la dichiarazione di un Sottosegretario, per quanto autorevole, non impegnava né il Primo Mini– stro inglese, né il Presidente americano. Finché una dichiarazione ufficiale non fosse venuta a dissipare le mie preoccupazioni, io non avrei partecipato a manifestazioni che da parte degli intervenuti equivalevano a firmare cam- biali in bianco. . Il discorso dell'Assistant Secretary Berle non contenne la dichiarazio– ne che sola mi avrebbe convinto che avevo torto. Conteneva solamente la promessa che "Italian nationhood," cioè la "nazionalità italiana" - parola astratta senza alcun significato - non correva pericolo. Purtroppo Nazioni Unite tradusse la parola "nationhood" come se significasse "inte– grità nazionale" che non era ancora la "integrità del territorio nazionale," ma con un po' di buona volontà poteva arrivare fino a quel punto. Rimasi addolorato di quella traduzione la quale dimostrava che fra i dirigenti della Mazzini la politica di non voler guardare in faccia la realtà continuava. Ai primi di dicembre, mentre ero a New York, un amico nel cui buon senso ho piena fiducia, venne e mi rifed che il mondo della Mazzini era in subbuglio perché Gentili a Washington aveva "negoziato" col Dipar– timento di Stato "cedendo parti del territorio nazionale" come Gorizia, Trie– ste e l'Istria, e aveva fatto quelle cessioni d'accordo con Tarchiani e Cianca. Io dissi che sarebbe stata quella una "mostruosa fesseria," ma la çosa mi pareva assolutamente incredibile. Se fosse stata vera, una reazione pub– blica immediata sarebbe stata necessaria. Alcuni giorni dopo, Gentili venne a trovarmi. Negò energicamente di " . " " d " . I . W h. aver negoziato o ce uto niente a nessuno. nv1tato a as mgton a definire quel èhe secondo lui doveva essere considerato come territorio na– zionale italiano, aveva risposto attenendosi all~ linee da me tracciate. Pri– ma di allontanarsi, volendo evitare equivoci, mise per iscritto in una "nota verbale" le sue, idee. Mi fece vedere il testo di quella "nota verbale." Io gli dissi che quella nota l'avrei firmata anch'io, ma che le sue fati– che erano state del tutto inutili, come era dimostrato dalla vuota parola \ 111 Biblioteca Gino· Bianco

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