Gaetano Salvemini - L'Italia vista dall'America

Necessità di una politica per il "periodo di raffreddamento" in Europa si cominciasse a ventilare l'idea di un periodo di raffreddamento, l'articolo 8 della Carta Atlantica proclamò che "in attesa che si istituisca un sistema piu vasto e permanente di sicurezza generale" il disarmo delle "nazioni che minacciano o possono minacciare un'aggressione al di là dei loro confini," è essenziale. E tuttavia, dopo che questo "scopo di guerra" sarà stato incorporato nelle condizioni dell'armistizio e sarà stato affidato alle commissioni tecni– che, si presenterà il problema del mantenimento della pace nel nuovo or– dine mondiale. Non v'è dubbio che la soluzione di questo problema richie– derà un lungo periodo di raffreddamento, e che ad una sistemazione defi– nitiva non si giungerà che dopo una lunga serie di tentativi e di errori. Ma dobbiamo necessariamente attendere il periodo di raffreddamento prima di risolvere· il problema in linea di principio, o è preferibile risolverlo ed annunziarne la soluzione. fin d'ora? Nell'ago·sto 1941, pochi giorni dopo la pubblicazione della Carta Atlantica, Churchill sollevò un piccolo. lembo del velo che avvolge questo "scopo di pace" quando ci disse: "noi intendiamo prendere ampie precauzioni per impedire il ripetersi della guerra anche nel piu lontano futu– ro, disarmando effettivamente le nazioni colpevoli, mentre noi resteremo op– portunamente protetti." E cioè le nazioni vinte saranno tenute disarmate anche quando il periodo di raffreddamento sarà passato, mentre le nazioni vincitrici rimarranno opportunamente protette ossia armate. Nel suo discorso del 30 maggio 1942 il sottosegretario Sumner Welles sollevò un altro poco il velo che ci impedisce di vedere il futuro, e dopo aver ripetuto che quando la guerra sarà finita "le nazioni vittoriose procederanno immediata– mente al disarmo di tutte le nazioni che possono minacciare un'aggressione al di là delle loro frontiere," aggiunse: le nazio~i vincitrici . si assumeranno il compito di mantenere una forza di polizia internazionale negli anni del dopoguerra fino a quando non verrà istituito un sistema permanente di sicu– rezza generale. Che cosa aveva 1n mente Welles quando parlava di "forza di polizia internazionale? " I diplomatici vivono di precedenti. Quando un diplomatico dice "forza di polizia internazionale," pensa a gruppi di soldati che prestano servizio sotto la bandiera dei rispettivi paesi, sono controllati dai propri governi, pur cooperando con altri reparti militari nazionali agli ordini dei loro governi. I diplomatici chiamano forze "internazionali" quelle che potrebbero es– sere piu esattamente dé.fìnite forze "intergovernative." Essi non pensano mai ad una forza di polizia che sia sovrannazionale, 1 che consista cioè di soldati e ufficiali appartenenti a diversi paesi mescolati insieme e posti sotto il comando di uno stato maggiore sovrannazionale e non intergovernativo. In un esercito siffatto non vi sarebbero divisioni nazionali, e all'infuori di' esso nessun'altra organizzazione militare nazionale àvrebbe il permesso di esistere. Ma un'idea simile non sarà mai accettata dai dip~omatici legati al~a 83 9 1 oteca Gino· Bianco f

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