Gaetano Salvemini - L'Italia vista dall'America

Come sz deve parlare all'Europa sotto il controllo di Hitler 1 Gli uomini e le donne che in Europa sfidano la morte dedicandosi all'attività clandestina svolgono un compito di straordinaria importanza. Essi mantengono viva fra le popolazioni la fiamma dell'ardimento e del sacrificio, impediscono che la coscienza morale dei loro compagni si ad– dormenti, mantengono la polizia in uno stato di continuo sospetto e di irritazione e non concedendole tregua, la costringono a colpire a casaccio, aumentando cosf l'indignazione e lo scontento. Costringono i giudici a screditarsi emanando sentenze la cui ingiustizia è palese, e creano nei circoli governativi la sensazione sconfortante di essere isolati e poco sicuri in un paese ostile. Ma, non illudiamoci che essi possano organizzare per farci piacere una vera e propria rivoluzione. Il crollo del Secondo Impero in Francia nel set– tembre del 1870, la Rivoluzione russa del 1917, le rivoluzioni austriache e tedesche del 1918 furono tutte conseguenze di sconfitte militari. Sol– tanto quando le forze armate si sono già disintegrate o, per lo meno, quan– do i capi militari si sono screditati a tal punto da non poter contare piu sui propri soldati per la repressione, una vera sollevazione rivoluzionaria di– venta possibile. Sono rimasto di sasso quando ho letto che 1'8 maggio il Ministro degli Est.eri inglese, Anthony Eden, ha incitato per radio il popolo tedesco ad abbattere il regime nazista di Adolfo Hitler. Mi chiedo pure se sia saggio che nelle nostre radio-trasmissioni ad onde corte si incitino gli europei a commettere atti di sabotaggio, scio– peri o assassint Naturalmente noi speriamo che lo facciano. Ma un uomo che dall'America, seduto tranquillamente davanti ad un microfono, dice a della gente che si trova a circa seimila miglia di distanza di rischia– re il carcere o la morte, ha assai scarse probabilità di essere ascoltato; su– sciterà piuttosto sarcasmi o anche disprezzo. Gli uomini e le donne che in Europa sono già impegnati in attività clandestine non hanno bisogno che si dica loro quel che debbono fare. Essi lo sanno e lo fanno di pro– pria iniziativa ed a proprio rischio. Tutt'al piu io li informerei nelle no- 1 "The Nation," 18 luglio 1942. "The Nation" fu in quegli anni uno dei piu autorevoli settimanali di tendenza liberale progressista nella politica interna ed estera. Per decenni "The Nation," fondata nel 1865, sotto la direzione prima di Edwin Lawrence Godkin e poi di Oswald Garrison Villard, fu un efficace strumento di educazione politica e di formazione dell'opinione pubblica con cui i governanti americani dovettero fare i conti. Negli anni in cui Salvemini vi collaborò era diretto da Preda Kirchwey. "The Nation" appoggiò il New Deal e l'internazionalismo di F. D. Roosevelt, ma non lesinò critiche sui problemi concreti che a volta a volta si presen– tarono. Tra i suoi collaboratori troviamo in quegli anni le firme dei piu noti liberali di sinistra americani. Inoltre, la rivista aprf le sue colonne ad esponenti autorevoli dell'emigrazione politica europea. Fra i collaboratori americani di "The Nation" ricorrono in quegli anni frequentemente i nomi di Reinhold Niebuhr, Robert Bendiner, I. F. Stone, Harold L. Ickes, Louis Fischer, Lionell Trilling, Frederick L. Schuman, John Dos Passos, Hiram Motherwell, Edmund Wilson, Sidney Hook, Archibald Mac Leish ed altri. Fra gli scrittori stranieri troviamo Carlo Sforza, Alvarez Del Vayo, G. A. Borgese, Mare Slonim, Fritz Sternberg, Thomas Mann, Kingsley Martin, Albert Guérard, Lin Yutang, Harold J. Laski, Vernon Bartlett, George Orwell ed altri. 54 BibliotecaGino Bianco

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