Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo III

Sotto la scure del fascismo In pratica tali sindacati hanno quasi cessato di esistere e, in ogni caso, sono del tutto privi di importanza; dal punto di vista dei lavoratori, i vantaggi della esistenza di un solo sindacato sono ovvi. Uno dei vantaggi che la tessera sindacale assicurava era "la possi– bilità di esercitare maggiore influenza sulla politica del sindacato. " 4 Da ciò il lettore potrebbe essere indotto a credere che, se i membri di un sin– dacato esercitavano una maggiore influenza, i lavoratori che ne rimanevano al di fuori esercitavano su di esso una grande influenza. Villari, natural– mente, si guarda bene dallo spiegare quali ovvi svantaggi potevano recare dal punto di vista dei lavoratori i tentativi di costituire dei sindacati di fatto. Nel 1927 Bottai affernìÒ che la legge fascista "come è noto, né proi– bisce né si oppone alla libertà di associazione. " 5 Nel 1928 andò oltre af– fermando: "Il fascismo invece non ha affatto soppressa la libertà di asso- ~ ciazione (...) e cosf ha fatto la nostra legge che però, in omaggio al prin– cipio di libertà, ammette anche l'esistenza di altri sindacati, oltre quelli riconosciuti, come semplici enti di fatto. " 6 Nel 1932 dichiarò quanto segue: Si avvera, cos1, insieme a quello della libertà degli individui, nell'orbita dell'asso– ciazione professionale, un altro dei postulati del sindacalismo moderno: l'unità sinda– cale. Nel sindacalismo prefascista, in tutti quei sistemi sindacali che non s'ispirano ai principii ·adottati dal fascismo, la tendenza all'unità sindacale sbocca nell'inevitabile so– praffazione dei sindacati piu forti, o piu favoriti dalle classi politiche al potere, a danno dei sindacati minori o che agli inte~essi di quelle classi contrastino. L'unità è in lotta con la libertà. Dove questa predomina, si ha l'anarchia sindacale; dove predomini quella, si ha la tirannia sindacale. (...) È dalla confluenza, e non dall'obliterazione, di questi due principii fondamentali della teoria e della prassi associativa moderna, nell'ordine professionale, che sono sorte le grandi formazioni sindacali dello Stato corporativo fa– scista, che molti interpreti stranieri si ostinano ancora a far derivare da un principio di obbligatorietà, ignorato dalla nostra legislazione.7 Ovviamente Bottai era convinto che in Italia le organizzazioni fasciste non avevano ottenuto alcun favore dalle classi politiche al potere e che i sindacati socialisti e cattolici non erano stati mai distrutti. Il maggiore Barnes non nutre alcun dubbio sul fatto che "coloro i quali non sono membri condividono ugualmente i benefici ottenuti per merito dell'attività delle associazioni. 118 La signora O. Rossetti Agresti assicurava fiduciosa i lettori della Ency– clopaedia Britannica (14 ed., 1929, vol. IX, p. 104) che "i sindacati non · riconosciuti possono continuare a esistere come organizzazioni di fatto." Nel 1928 il professor Volpe affermò che in Italia non esisteva una organizzazione obbligatoria e globale. Le organizzazioni fasciste non go- 4 VILLARI, Italy, cit., pp. 274-75. s G. BOTTAI, Trade Union Organisation in Italy, in " International Labour Review, 11 giu– gno 1927, p. 816. 6 G. BOTTAI, La Carta del lavoro, in La civiltà fascista cit., p. 387. 7 G. BOTTAI, La collaborazione delle classi nel sistema corporativo, in "Il Diritto del Lavoro, 11 VI (1932), p. 505 8 BARNES, Universal Aspects of Fascism, cit., p. 208. 38 Bibloteca Gino Bianco

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