Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo III

Sotto la scure del fascismo H. C. MacLean (addetto commerciale americano a Roma): "I sindacati fascisti pretendono di avere un gran numero di iscritti, ma si riconosce in genere che il loro successo è stato chiaramente limitato e che non sono riusciti a conquistare la fiducia dei lavoratori. Mentre perciò la Confederazione del lavoro ha indubbiamente perso terreno, essa può ancora essere considerata con ragione la rappresentante principale delle organizzazioni qperaie. " 14 Idea Sindacalista, 6 giugno 1926: "Se è vero che le associazioni sindacali fasciste hanno tanti iscritti non si capisce perché non hanno mai fondi. Sulla loro consistenza numerica il capo del governo non ammette discussione. Capiamo le ragioni politiche di questo atteggiamento, e a parte il rispetto e la fedeltà devota che abbiamo sempre mostrato al Duce, ci dichiariamo pronti ad accettare queste cifre. Ma nonostante ciò nei sindacati fascisti esiste solo il vuoto. Può darsi che gli iscritti ci siano, magari sono due milioni, ma questi due milioni appaiono solo quando nelle votazioni all'interno delle fabbriche disapprovano i sindacati fascisti e danno i loro voti ai partiti rossi. O i soci dei sindacati fascisti non esistono, oppure, se ci sono, votano sempre contro il pro– gramma delle loro organizzazioni, proprio quando queste hanno maggior bisogno del loro appoggio." I fascisti erano riusciti a distruggere le organizzazioni sindacali socia– liste e cattoliche, ma non a far s1 che la classe operaia volgesse le spalle ai suoi precedenti capi. 15 Bisognava quindi escogitare altri mezzi perché il partito dominante potesse averli sotto il suo controllo. Cosf l'idea di Rossoni, che era stata scartata nell'autunno del 1924, trionfava nel giugno del 1925. Il Gran Consiglio del fascismo decise che i sindacati faseisti avrebbero assunto il monopolio della rappresentanza. Le associazioni dei prestatori d'opera accettarono questo principio. Il 2 otto– bre 1925 la Confederazione generale dell'industria concludeva un accordo con Rossoni, noto come Patto di Palazzo Vidoni, dal nome del luogo dove risiedeva la segreteria del Partito fascista e dove il patto fu firmato. In base a tale accordo la Co.µfederazione dell'industria riconosceva nei sin– dacati fascisti la rappresentanza esclusiva dei propri operai, e prometteva di non concludere accordi con le maestranze se non attraverso le orga– nizzazioni fasciste; le quali da ora in avanti autorizzavano gli industriali ad ignorare le commissioni interne di fabbrica, elette dagli operai. Il 6 ottobre 1925 il Gran Consiglio del fascismo approvava il Patto di Palazzo Vidoni, e decideva che dovesse essere completato con l'abolizione del dirit– to di sciopero~ In tal modo gli industriali riconobbero le organizzazioni fasciste come le uniche rappresentanti dei lavoratori italiani, ed ottennero 14 H. C. MAcLEAN, Labor, Wages, and Unemployment in Italy, in "Trade Information Bulletin of the USA Bureau of Foreign and Domestic Commerce," n. 337, aprile 1925, p. 4. ts VILLARI, The Economics of Fascism, cit., pp. 74-75, ci informa che "mentre i sindacati fascisti crescevano e si diffondevano, le vecchie organizzazioni continuavano a esistere, anche se il numero dei loro iscritti diminuiva"; ma per quest'ultimo fenomeno non ci dà nessuna spie– gazione. Egli ammette, è vero, che "non tutti coloro che abbandonavano le vecchie organizzazioni entravano nei nuovi sindacati"; fatto che egli spiega in modo molto originale: "I quattrini versati nelle casse delle vecchie organizzazioni, quand'anche non erano finiti nelle tasche dei capi, erano svaniti senza produrre alcun risultato concreto"; cli conseguenza "gli operai erano riluttanti ad entrare in sindacati nuovi che potevano seguire la strada di quelli vecchi." Rosboch, alla confe– renza di Londra del 1933, ritenne utile dare degli stessi fatti una versione diversa: "Sino al 1925 la maggioranza dei nostri operai era organizzata dai sindacati socialisti [ ... ] Furono gli operai che accorsero, in numero di oltre un milione, nelle organizzazioni fasciste [ ... ] Essi compresero che lo Stato corporativo difendeva i loro interessi molto meglio del partito socialista" (The State and Economie Life, cit., p. 283). 22 Bibloteca Gino Bianco

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