Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo III

Il "Non Mollare" bilmente non in quel giorno, ma la mattina successiva. Rispose che era d'accordo e tolse la comunicazione. Quel giorno, 4 ottobre, nessuno dei miei colleghi uomini venne allo studio per ovvie ragioni, ma avevamo fissato di incontrarci nella tarda mattinata in casa di amici. Riferii la telefonata del Bandinelli e mi offersi di andare da lui. Avrei chiesto ad uno dei miei fratelli di accompagnarmi con la macchina. Sarei andata la mattina del giorno dopo, 5 ottobre, durante la quale erano stati fissati i funerali del Luporini. Pensavo che i fascisti vi sarebbero andati in massa e la sorveglianza sulle strade sarebbe stata meno rigorosa. Uno dei colleghi di studio, l'avv. Dino Lattes, che era un massone, sia pure dormiente, volle accompagnarmi e la mattina del 5 ottobre ci recammo infatti a Calen– zano alla Villa Digerini-Nuti. Tutte le finestre erano chiuse, nessuno era al suo posto, la villa sembrava deserta. Il cancello però era accostato ed una porticina di servizio socchiusa. Attraverso un lungo andirivieni di scale e corridoi quasi bui, pervenimmo senza incontrare anima viva ad una stanza dalla porta della quale filtrava un filo di luce. Entrammo. Era una camera da letto, anche essa con le finestre ermeticamente chiuse, ed al fioco lume di una candela vedemmo il Bandinelli che si slanciò incontro a noi. L'abbraccio "rituale" fra i due "fratelli" mi commosse. Poi il Bandinelli ci raccontò che cosa era accaduto. La sera del 3 ottobre egli era in casa, nel suo studio, seduto dietro la sua scriva– nia. Accanto a lui era il Becciolini (non so come quanto ci narrò il Bandinelli possa essere collegato con la storia narrata dalla moglie del Becciolini e col paltoncino per il figlio). Egli stava preparando degli appunti per una riunione del "Patronato dei Corrigendi" che doveva avere luogo in uno dei giorni successivi. (Il Bandinelli se ne occupava con molto interesse. Non ricordo se ne fosse il presidente.) Ad un certo momento era stato suonato il campanello di casa, c'era stato un tramestio, ed avevano fatto irruzione nella stanza il Luporini ed il Gambacciani ed avevano intimato al Bandinelli di seguirli nella sede del fascio. Il Bandinelli si era alzato di scatto, aveva aperto un cassetto della sua scrivania dove teneva una vecchia pistola, mentre i due fascisti impugnavano la loro. Il Gambacciani era dietro al Lupo– rini. A questo punto, era stata questione di attimi: il Becciolini, che si trovava vicino all'interruttore, aveva spento la luce, uno sparo echeggiò. Il Bandinelli si gettò a terra e carponi raggiunse la porta e le scale. Il Becciolini lo aveva preceduto ed aveva cominciato a scendere le scale, andando cosi a finire nelle braccia di altri fascisti che, richiamati dallo sparo, stavano salendo, di corsa. Il Bandinelli invece salf tutte le scale, riparò sui tetti e si nascose in un abbaino. Passò cosi nascosto lunghe ore e seno confusamente quanto stava succedendo. Verso le undici, non udendo piu minori sospetti, scese le scale ed indifferentemente uscf di casa, senza essere notato. In Piazza della Stazione prese un tram fino a Sesto Fiorentino, di li, a piedi, si recò a Calenzano alla villa Digerini-Nuti di cui aveva le chiavi e dove si nascose. La mattina dopo cominciò a telefonare al nostro studio finché io gli risposi. Il Bandinelli ci assicurò di non avere sparato e di essere sicuro che il Becciolini non fosse armato. Egli pretendeva anzi di tornare a Firenze per, diceva lui, mettere in chiaro le cose. Lo dissuademmo a fatica, ma finf per arrendersi. Camuffato con una sciarpa ed un paio di occhiali da sole che l 'avv. Lattes gli imprestò, lo accompagnammo con la macchina fino alla stazione di Montale Agliana dove lo consigliammo di prendere un biglietto per Piacenza. Da qui avrebbe poi potuto raggiungere, a Genova, un fratello del Lattes e riparare piu tardi a Roma. Cos1 egli fece. Del Becciolini non ho notizie cosf sicure e di prima mano, però seppi da un testimonio oculare che quando dalla sede del fascio fu riportato in via dell' Ariento gli fu sparato al ventre perché non morisse subito. Dopo averlo crivellato di colpi fu tra– scinato sotto la fontanella dell'acqua potabile addossata al mercato, perché, si disse, dopo tanto fuoco ci voleva un po' d'acqua. Lo stesso testimone corse in un negozio vicino e telefonò alla Misericordia che giunse dopo poco e trasportò il ferito ancora vivo all'ospedale. La mattina di poi, alcuni scalmanati si recarono nel negozio da cui era stata fatta la telefonata per sapere chi si 495 Bibloteca Gino Bianco

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