Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo III

Scritti vari suoi amici lo avevano consigliato a tenere le mani nascoste, perché erano facilmente riconoscibili. Finalmente, nel marzo 1926, mi fu presentato alle Murate il detenuto Ermini Corrado. Senza esitare riconobbi in lui il primo che si era presentato nella camera con le due rivoltelle in pugno. L'Ermini era stato fino allora latitante, nascondendosi sotto un falso nome, quale studente a Padova. Al confronto era assistito dall'avv. Meschiari e da alcuni testimoni. Io non ero riuscita a trovare un avvocato. Presenti al riconosci– mento erano pure il cav. Grugni ed il giudice Cosentino. L'Ermini, quando si vide riconosciuto, si mise a piangere e a scongiurare che era innocente, e l' on. Meschiari, approfittando di un momentaneo mio smarrimento, insisteva a dire che non poteva essere stato lui perché piangeva. Allora io, scattando, lo presi per la giacca e gli gridai: "Chi c'era a letto con mio marito quella notte? Lei forse?" L'avvocato allora si tacque, e poiché l'Ermini non voleva firmare il verbale, gli disse: "Firma, perché se credevo cosf non ci venivo. Per questo starò male tre giorni." Dopo avere apostrofato violentemente i colpevoli dicendo tutto quello che avevo in cuore, mi congedai, esprimendo il desiderio di scappare dall'Italia, perché mi vergo– gnavo di essere italiana. Il 1 ° dicembre 1926, in camera di consiglio, dodici fascisti furono as– solti e quattro rinviati a giudizio per l'assassinio di Pilati e sette per l'as– sassinio di Console. Il processo in corte di assise ebbe luogo nel maggio 1927. La Cassa– zione aveva reso a Mussolini il servizio di trasferire il processo da Firenze a Chieti. Lasciamo ancora una volta la parola alla moglie di Pilati. Coll'avvicinarsi del processo, cominciarono le pressioni e le minacce da ogni parte perché mi ritirassi dalla parte civile e negassi di aver riconosciuto l'Ermini. Io intanto avevo chiesto alla questura i passaporti. Dopo lunghissima attesa mi giunse risposta favorevole. Ebbi numerose offerte di denari e favori di ogni genere. Ai miei sdegnosi rifiuti, venne ancora di piu stretto attorno a noi il cerchio dell'ostruzionismo, per renderci impossibile la vita. Un giorno che ero alla Banca d'Italia, per ritirare la pensione di guerra di mio marito, un impiegato mi informò che erano in corso le pratiche per concedermi una grossa pensione. Gli dissi che la domanda non partiva da me e che rifiutavo l 'elemo– sina del governo, perché non volevo vendere il sangue di mio marito. Ebbi un colloquio con l 'on. Delcroix per ragioni di interesse. Mi profferse di interessarsi per cercarmi un avvocato che mi assistesse al processo. Non solo, invece, non mi procurò nessun avvocato, ma da quel momento mi fu impossibile trovare un legale che accettasse la mia causa. Solo dopo lunga peregrinazione attraverso gli studi degli avvocati fiorentini, trovai un giovane professionista che accettò di assistermi. Nel febbraio di quell'anno venne a trovarmi il sig. Gavazzi Ottavio, che prima era socialista fervente, ed ora è fascista. Mi disse che era stato mandato dai parenti del- 1 'Ermini e dai fascisti del rione, in modo speciale dal Nesi, capo squadra della milizia. Essi lo avevano incaricato di convincermi a smentire il riconoscimento dell'Ermini. Risposi che mi sarei fatta fare a pezzi piuttosto che tradire la mia coscienza. Il Ga– vazzi se ne andò, allora, dicendo che credeva che fossi piu ragionevole e che avrebbe riferito tutto ai fascisti: ad ogni buon conto mi avvertiva che badassi a quello che facevo perché mio figlio avrebbe scontato le conseguenze. Un mese piu tardi si presentò a casa nostra l'avv. Pacchi col colonnello Lanari. Questi due signori cercarono di convincermi, con un mondo di buone parole e di tirate sentimentali, ad andare al processo senza avvocato, ritirare la costituzione di parte civile e parlare di pace e di amore, chiedendo l'assoluzione degli imputati dell'assas– sinio di mio marito. Cosi sarei stata innalzata :.1 simbolo di tutte le madri italiane e 490 BiblotecaGino Bianco

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