Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo III

Scritti van Quello che aveva parlato era alto, nero di capelli, il volto olivastro. Disse ancora: - Faccia presto... Ma che è proprio il Pilati lei? - SL - Appena ebbe risposto, i due scaricarono le rivoltelle su di lui. Dopo aver ricevuto il primo colpo alla spalla sinistra, mio marito saltò giu dal letto e con un balzo si mise davanti alla porta, o perché temesse che rimanessi ferita anch'io, o perché temesse il sopraggiungere di mio figlio e fosse lui pure colpito; ìn– tanto con movimenti rapidi delle braccia e del corpo cercava di rendere piu difficile il bersaglio. Impazzita dal terrore, urlando, alzai le braccia, sicché, mentre vidi benissimo i movimenti di mio marito e del secondo assassino, quello che aveva parlato, non vidi bene quello che era entrato per primo nella camera poiché mi rimaneva coperto da un braccio. Dal balcone apparve la sinistra faccia di un terzo assassino. Anch'egli impugnava la rivoltella. Udii un altro colpo, poi il giovanotto che aveva parlato, diceva: - Via, Erano appena usciti di camera che mio marito, quasi senza aiuto, salf sul letto, dicendomi con voce spenta: - Guarda qui che cose... quante ferite ... dammi una fascia. Io corsi al cassettone per trovargliela, e l'ultimo sparatore, che aveva indugiato , sul balcone, temendo forse che volessi armarmi, mi fissò con occhi cosi truci che mai dimenticherò, e poi spari dalla finestra da cui eran già usciti gli altri. Un inquilino vide scendere i tre assassini, e, mentre quelli dell'automobile suo– navanc la tromba, udf uno di loro che diceva: - Andiamo a bere un poncino... E sai... l'ho freddato ... Poi risalirono sull'automobile che a tutta velocità si diresse verso il centro. Intanto io, in preda al terrore ed all'angoscia, chiamai mio figlio che era nella stanza attigua, ed il sig. Barsotti che abitava al piano superiore, e portai un bicchie– rino di cognac a mio marito perché si riavesse un po'. Egli perdeva sangue da tutte le parti, pure trovò la forza di dare a noi, che non sapevamo piu cosa fare, le dispo- . . . . , . siz1on1 p1u urgenti. Mio figlio corse al piano terreno a telefonare alla Misericordia, poi risaH e guardò se il padre era ferito in qualche posizione pericolosa del corpo. Ma la ferita del ventre, che lo doveva portare a morte, non si vedeva, sicché gli riscontrò solo una ferita alla spalla sinistra, un'altra al labbro inferiore, una terza alla coscia sinistra ed un'ultima alla gamba sinistra. Arrivata la Misericordia, mio marito fu messo nella lettiga e mio figlio lo accompagnò all'Ospedale di S. Maria Nuova. L'ospedale era in grande subbuglio. Il silenzio della notte era incessantemente lacerato dal pauroso urlo delle sirene delle autolettighe che trasportavano feriti e morti all'ospedale. Dappertutto erano fascisti armati. Una signorina, bassa, secca, con gli occhiali, che portava sul grembiale bianco il distintivo fascista, cercò di calmare lo strazio di mio figlio; 1na invano, ché il povero ragazzo non capiva piu nulla e non voleva intendere ragioni. Al brigadiere di servizio che gli domandava cosa gli fosse capitato, mio marito rispose: "Gli austriaci mi mutilarono, gli italiani mi hanno ucciso." Fu sottoposto alla laparatomia. Un proiettile al ventre gli aveva forato cinque volte l'intestino. C'era poco da sperare ... Subito dopo che il ferito era stato trasportato all'ospedale vennero le guardie del centro, poi, dopo un'ora, quelle del rione. Fecero le constatazioni di legge e se ne andarono ... Alle 4, accompagnata dai miei cognati, mi recai all'ospedale. Mio marito si era svegliato e mi accolse con la bocca sorridente. Lo facemmo trasportare in una camera a pagamento. Ci dettero la camera in faccia a quella dove giaceva la salma del Luporini e che era piena di fascisti, che andavano e venivano senza tregua. In quei tre giorni che passammo all'ospedale, in continua alternativa di disperazioni e di speranze, fummo sempre col timore che i fascisti di guardia alla salma del Luporini volessero ancora fare altre rappresaglie contro il nostro caro moribondo. 484 Bibloteca Gino Bianco

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