Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo III

Scritti vari Non aspettammo molto. Il 31 maggio, in attesa del processo contro Console e compagni, che era annunziato per il 2 giugno, Pinzi si presentò a casa di Ernesto con un poliziotto. Ernesto stava facendo lezione all'istituto tecnico. Informato con un biglietto dal fratello, mandò ad avvertire il pre– side che gli era successa una disgrazia in famiglia (diceva la pura verità) e andò a nascondersi in casa dell'amico Celasco; la mattina dopo il dottor Nello Niccoli lo portò con la sua macchina nella villa di Umberto Morra di Lavriano a Cortona. Anch'io la mattina del 1 ° giugno, alle 4, lasciai la mia casa, e fui portato da Carlo Rosselli nella stessa villa. Il 2 giugno, alla prima udienza del processo contro Console, Pinzi si presentò dichiarando di voler fornire alla giustizia indicazioni precise sugli autori e divulgatori del foglio clandestino. Ora sf che sapevamo con chi avevamo da fare. La posizione di Ernesto era indubbiamente piu seria della mia. Contro Ernesto c'era una esplicita affermazione della spia: i giudici avrebbero certo creduto a costui, e avreb- · bero condannato. Contro me c"era solo il fatto che la spia (la quale non mi aveva mai veduto) aveva sentito fare il mio nome ed io lo avevo racco– mandato a mia moglie come operaio, a cui occorresse procurar lavoro. Que– sto non era delitto allora, e io avrei dichiarato di aver fatto né piu. né meno che il mio dovere di assistere un operaio che, minacciato dai fascisti, aveva voluto espatriare. Neanche l'espatrio era allora delitto. Ne conseguiva che Ernesto avrebbe dovuto andarsene in Francia, mentre io potevo rimanere. Ernesto non voleva a nessun patto lasciarmi solo. Ed io a ripetergli: "meglio solo che male accompagnato." Gli amici, che partecipavano alla discussione, convenivano tutti con me. Alla fine si arrese. Ci abbracciammo - è facile capire con quali sentimenti. Quanto a me, proseguii per Roma, dove dovevo far parte di una commissione per la promozione a ordinario universitario di Roberto Cessi, e stetti a Roma in attesa degli eventi, andando a studiare alla biblioteca del Senato, senza che nessuno si avvedesse della mia esistenza. Il 6 giugno, nella nuova udienza del processo Console, Pinzi fece il nome di Ernesto Rossi e il mio. Io 1'8 giugno mi presentai al ministero dell'economia nazionale, fui dichiarato in arresto e portato a Regina Creli. II Corriere della Sera del 13 giugno 1925 commentò il mio arresto: L'articolo 26 dello Statuto dice: - La libertà individuale è garantita; niuno può essere arrestato o tradotto in giudizio se non nei casi previsti dalla legge e nelle forme che essa prescrive -. Ora il prof. Salvernini fu nominato al processo fiorentino del Non Mollare da un tipografo che fuggi a Parigi per timore di pena, e tornò da Pari– gi per farsi processare, e al processo disse di aver sentito nominare il Salvemini come collaboratore, non di avere da lui ricevuto alcun manoscritto. Poi aggiunse di essere andato a Parigi con una lettera di raccomandazione del professore, ma la lettera, che, se anche esistesse non proverebbe nulla, non c'è. Basta questo in Italia per privare senz'altro un uomo della sua libertà? Si sarebbe capita un'indagine su questa vaga denuncia, e I 'invito al denunciato di rispondere a tali accuse, prima di prendere un cosi grave provvedirnento. Ma il Salvernini fu arrestato a Roma e mandato in carcere senza neanche essere interrogato, come se per prima cosa si dovesse assicurarsi contro cosf pericoloso e tristo delinquente. L'arresto è secondo noi illegale, e come tale deplorevo- 474 Bibloteca Gino Bianco

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