Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo III

Scritti vari presentarli al giudice istruttore, seguendo la procedura normale dei legisti normali, nei processi normali. Proprio in quei giorni, un processo per diffamazione intentato da Italo Balbo, quadrumviro della "marcia su Roma," contro la Voce Repubblicana che lo aveva accusato come mandante nell'assassinio del parroco di Argenta, Don Minzoni, avvenuto il 23 agosto 1923, si conchiuse con una assoluzione, perché il giornale aveva raggiunto la prova. Nel Senato Mussolini fu viva– mente attaccato da Sforza. Parteciparono all'attacco anche alcuni generali malcontenti. Sembrò che l'ultima ora della dittatura fosse scoccata. Quello era il momento di pubblicare i due documenti, ritornare in parlamento, associarsi agli oppositori e ai fascisti malcontenti, che erano rimasti nella Camera, e domandare la messa di Mussolini in stato di accusa. I capi dell'Aventino aspettarono fino al 29 dicembre per pubblicare sui quotidiani il memoriale Rossi. Il memoriale Filippelli, assai piu grave, do– veva seguire. Aspettavano - pare - che il Re finalmente smettesse di fare - il finto tonto, invitasse Mussolini a presentare le dimissioni, e risparmiasse ai deputati dell'Aventino il rischio di essere presi a revolverate dai fascisti se avessero presentato nella Camera l'atto di accusa. Chi non fece il tonto fu Mussolini. Il suo ministro degli Interni, Feder– zoni, il 30 dicembre, dette pieni poteri ai prefetti per imbavagliare la stam– pa. Era evidente che agiva d'accordo col Re. La "ondata" di violenze, de– scritta da Ernesto Rossi nella sua memoria sull'" Italia Libera, " 6 fu scate– nata il 31 dicembre in Firenze, e nei giorni successivi in Toscana, Emilia e Lombardia. Doveva creare un'atmosfera di terrore, che spaventasse tanto il Re, per il caso che fosse stato tentato di uscire dall'inerzia, quanto i depu– tati dell'Aventino per il caso che pensassero di assumere un atteggiamento • meno passivo. Mussolini, il 3 gennaio 1925, nella Camera, sfidò l'opposizione a pre- sentare l'atto di accusa. Gli oppositori non erano nell'aula, ma erano sparsi per i corridoi. Do– vevano concertarsi. Eugenio Chiesa, Emilio Lussu ed Arturo Labriola avreb– bero voluto rientrare nell'aula e dar battaglia. Amendola pensava di fare lo stesso; ma Giolitti, che era nell'aula, gli mandò a dire che non lo facesse, perché avrebbe "scoperto il Re " (questa informazione mi fu data da Guido Ferrando che stava in quei giorni a Roma accanto ad AID:endola).Gli altri " 1 fì 1 ·1 . " tenevano a acca a sotto 1 moggio. La seduta si chiuse senza nulla di fatto. Nella notte Mussolini, d'accor– do col Re, prorogò la sessione. Cosi non ci sarebbe stato piu modo per l'Aventino di scendere nell'aula e fare l'atto d'accusa, se fossero prevalsi consigli di minore mansuetudine. I tre ministri liberali-fiancheggiatori - che Mussolini si era aggregati nel ministero durante la crisi provocata dal– l'assassinio di Matteotti - si dimisero. Ma i due ministri militari - eviden– temente d'accordo anche essi col Re, come Federzoni - rimasero ai loro posti. 6 Si riferisce allo scritto di Ernesto Rossi cit. alla nota 3. [N.d.C.] 470 Bibloteca Gino Bianco

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