Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo III

Scritti uari nuele III e suo figlio non avessero abdicato; e continuarono a disobbedirgli da mezzo gennaio in poi, dopo che Churchill e Vittorio Emanuele rifiu– tarono il compromesso escogitato da De Nicola e accettato da Croce e Sforza (cioè luogotenenza del regno fino dalla liberazione di Roma); ed entrarono nel ministero Badoglio solo dopo che il Re e Churchill accettarono anch'essi il compromesso De Nicola. Dunque, una certa larghezza al volere e non volere esisteva. A Roma il ministero Bonomi risultò da un'altra disubbidienza (il signor Momigliano la chiamerebbe "colpo di testa") del Comitato di Liberazione, il quale non volle saperne d'inghiottire Badoglio come primo ministro, e la spuntò contro la volontà di Churchill. Anche quella disubbidienza dimostrò che ai governanti dell'Italia "liberata" non mancava una certa libertà di manovra solo che avessero avuto volontà di farne uso. Ma poi, si può sapere quale ordine di Churchill costrinse Bonomi e i suoi associati a riesumare il marchese della Torretta come presidente del ~ defunto e disonoratissimo Senato, e a designare Orlando come presidente di nomina regia per una Camera che avrebbe trovato bello e pronto quel pre– sidente se la continuità giuridica non fosse stata spezzata? E da Roma in su cosa avvenne? Avvenne che i comandi militari alleati, dove arrivavano, tiravano di tasca i nomi forniti loro a Roma per i sin– daci ed altri funzionari locali da installare (ed erano di regola monar– chici o addirittura fascistoni coi fiocchi); ma dove trovavano resistenza nei comitati locali, si ritiravano in buon ordine, e lasciavano padroni delle acque quanti facevano "colpi di testa," come direbbe il signor Momigliano. E nel plebiscito del 1946 - avvenuto in regime d'armistizio - gli elettori italiani non fecero un altro "colpo di testa," rompendo la continuità giuridica fra "Regno d'Italia" (" regime fascista") e repubblica italiana? La verità è questa: che in Sicilia, nel Napoletano e a Roma, gli Alleati non trovarono che servilità, salvo una bella ma temporanea resistenza a Napoli, e un'altra breve resistenza a Roma; e da Roma in su, dove trova– rono resistenze ragionevoli, non osarono sfidarle. Perché abbiano agito in quel modo, meriterebbe di essere spiegato; ma sarebbe materia estranea a questa discussione. Mi limito ad affermare ·che mentre nessuno avrebbe potuto disdire i patti dell'armistizio, quei gover– nanti italiani, che non erano legati come Badoglio alla necessità di salvare a costo di qualunque umiliazione la monarchia, possedevano una certa capa– cità di manovra fra Roos evelt e C hurchill, i quali non erano affatto concordi in tutto e per tutto nella politi.ca i·tali·ana. Quanto all'affermazione che Bonomi fu un nobilissimo uomo la cui memoria non dovrebbe essere offesa, la mia opinione è agli antipodi di quella espressa dal signor Momigliano. Ma anche questa opinione esigerebbe una non breve documentazione, e non importa alla materia che in questo momento discutiamo. Il signor Momigliano ci fa sapere che possiede il testo della lettera, con cui Bonomi, nella seduta del 5 maggio 1944, fu invitato dal Comitato di 464 Bibloteca Gino Bianco

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