Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo III

La politica di Benedetto Croce il proprio paese a torto o a ragione (" right or wrong"), e pronto a difendere la reputazione militare dell'Italia, buon imperialista, utile per limitare la Chiesa, pre– minente scrittore anti-comunista, notevole importatore di dollari per i suoi diritti d'au– tore, e credente nella necessità di rendere omaggio a quanto era evidentemente inevi– tabile una volta che era avvenuto. Croce aveva ammesso nel 1922 la necessità di una dittatura temporanea, e anche quando passò all'opposizione, rifiutò di buttar via il guanto, alieno dall'azione come i piu fra i liberali. Era incapace di promuovere un'or– ganizzazione e di congiurare; non era interessato nei movimenti di masse; deviava la gente da un'opposizione attiva verso quella "opposizione delle storielle da ridere" che i dittatori spesso sanno apprezzare. Nell'insieme, la sua opposizione fu lasciata cor– rere o ignorata. E quella opposizione, come Croce scrisse al ministro Ercole, era sem– pre leale, perché sconsigliava il sabotaggio ed anche rifiutava segreti inviti di fascisti autorevoli ad associarsi al loro movimento, e riformare e corrodere il regime dal di dentro. Era stata sempre opposizione moderata e di buon gusto, come si conveniva a una situazione cos1 grave e delicata! Non era stata mai - affermava - opposizione partigiana: perché, altrimenti, come avrebbe potuto scrivere spassionatamente la Storia del Regno di Napoli per aiutare fascisti e non-.fascisti a comprendere le questioni del Mezzogiorno? Nella conferenza di Oxford, si paragonò a Boezio che cercò di con– servare le antiche tradizioni e incivilire i barbari. Se si informava di qualche movi– mento cospiratorio, lo faceva per non apparire timido e per non scoraggiarlo, ma aveva poca fede in attività clandestine anche se potevano sembrare necessarie. Se altri anti– fascisti non comprendevano la sua posizione, questo era perché molti di essi portavano nel sangue lo stesso politicantismo dei fascisti, e non comprendevano l'efficacia di una vita di religione, filosofia e critica, e pensavano la storia come una cieca lotta di inte– ressi meramente economici. 19 Dalla crisi del 1943, Croce fu trascinato nella tempesta politica, e che tempestai Ma non appena, nel gennaio 1944, gli fu offerto un compromesso, che salvasse del passato tutto il salvabile, lo accettò con risoluta volontà. E quando molti crociani scoprirono che la "religione della libertà" esigeva da essi che la definissero in concreto, e si rimboccassero le maniche e scendes– sero in campo per una repubblica, Croce, affermò che non era il caso di per– der tempo a discutere di n1onarchia o di repubblica: si trattava di materia "inattuale e forse superflua. " 20 Intanto i monarchici lavoravano per la monarchia. Disinteressarsi perciò di quella decisione (inattuale e superflua) era lasciar via libera ai monarchici. Questo precisamente Croce voleva. E la ruppe con quei suoi amici, che non adottavano il suo indifferentismo costituzionale. Viceversa rimase sempre in buoni termini con quelli che facevano campagna per la monarchia. E alla vigilia del plebiscito si dichiarò apertamente per la monarchia. Cioè aveva consigliato indifferentismo costi– tuzionale ai repubblicani e non ai monarchici. Era stato sempre, e rimaneva sempre, monarchico e conservatore. Essere conservatore non è essere disonesto: è solamente avere torto per il novatore, cosf come il novatore ha torto per il conservatore. Da che mondo è mondo, il processo storico è sempre risultato dal contrasto (oggi 19 D. MACK SMim, Croce and Fascism, in "The Cambridge Joumal," marzo 1949, pp. 350-51. 20 8 novembre 1944, in B. CROCE, Pagine politiche, Bari, Laterza, 1945,, p. 42. [È il testo della dichiarazione letta al comitato del Partito liberale in Roma, il 4 novembre 1944, pubblicata in "Risorgimento liberale," 8 novembre 1944, ora in CROCE, Scritti e discorsi politici, cit., voi. II, p. 40: N.d.C.] 461 Bibloteca Gino Bianco

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