Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo III

Scritti vari laboriosamente negli studi. Ma quando abbiamo detto questo, lo abbiamo definito solo parzialmente. Se vogliamo definirlo intero, dobbiamo aggiun– gere che quell'uomo di eccezionale intelligenza e capacità di lavoro non nacque nel grembo di una vergine per opera e virtu dello Spirito Santo, ma nacque in una famiglia di grandi proprietari fondiari meridionali, ed ereditò e conservò da quella origine, nelle questioni politiche e sociali, gli interessi e le forme mentali dei grandi proprietari meridionali. Ma non aveva il temperamento dell'uomo politico - o se piu piace dire cosf - del politicante. Invitato a fare l'assessore per l'istruzione nel municipio di Napoli (1912), e poi il ministro dell'Istruzione nel gabinetto Giolitti (1920), accettò quegli uffici per dovere di buon cittadino, e vi accudf con la stessa meticolosa diligenza con cui correggeva le bozze della Critica. Ma appena poté, ritornò ai suoi libri, nei quali solum si sentiva fe– lice, come Diogene nella sua botte, o Machiavelli nel suo studio dopo essersi ingaglioffato coi villani di San Casciano. Non ricordo piu in quale suo libro ~ ho letto che suo ideale sarebbe stato quello di vivere nel periodo spagnuolo studiando in un convento di Napoli. Nel secolo ventesimo Croce ebbe sem– pre la nostalgia di quel convento spagnuolo. Come gli altri grandi proprietari meridionali, Croce fiancheggiò Mus– solini finché credette che costui potesse servire a costruire in Italia un regime di "notabili" capace di ben governare (bene, naturalmente, a giudizio di Croce). Non volle piu saperne, quando si avvide che il nuovo venuto era diventato il padrone, circondato da consorti maleducati e volgari, che non rispettavano, come dovevano, i notabili. Sarebbe ingiusto e stupido sminuire il valore della resistenza passiva opposta da Croce al fascismo dal 1925 al 1943. Benjamin Constant, al tempo di Napoleone, scrisse che sotto un regime dispotico quell'uomo che solo rimane in silenzio, mentre tutti cantano le lodi del trionfatore, è nemico assai pericoloso del despota: intorno a quel silenzio molte altre negazioni silenziose si raccolgono e minano il regime. Il lungo "no" di Croce fu un no di quel genere. Intorno a quel no molta gioventu intellettualmente supe– riore si raccolse, e salvò l'anima. E si capisce che oggi molti di coloro, che rimasero fedeli a quel no, riluttino a vederne i limiti. Ma amicus Plato con quel che segue: il no di Croce rimase sempre un no quietista; non diventò mai il no attivista di chi rischia il pane, la libertà e magari la vita. C'è differenza fra Budda che si guarda l'ombelico, e Cristo che muore sulla croce. Uno studioso inglese, che ha sottoposto ad una intelligente analisi la politica di Croce, ha scritto: Dal momento che il fascismo era sicuro in sella, l'opposizione di Croce era innocua, ed anche utile per fare pubblicità all'estero sulla tolleranza del duce. Musso– lini realmente temeva di toccare un uomo di tale reputazione mondiale (...) Si è detto che una volta Mussolini pensò seriamente a curare quell'intrattabile filosofo con la cicuta. Ma quel filosofo rappresentava vantaggi per il regime, come buon monarchico, come buon conservatore, come buon patriota che si era ufficialmente dichiarato per 460 Bibloteca Gino Bianco

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