Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo III

La politica di Benedetto Croce libertà, anche se equivoca come nozione positiva, aveva in Italia una grande funzione negativa: negava il fascismo: e questa negazione era molto - era tutto - in quei tempi borgiani in Italia e fuori d'Italia. Farò un'altra confessione, che mi comprometterà anche presso quelli che in vita loro non hanno mai fatto nessuna previsione sbagliata. Quando ero sfidato dagli ammiratori di Mussolini a dire chi avrebbe potuto sostituire quell'uomo se fosse venuto a mancare (col sottinteso che c'era solamente lui, e nessun altro che lui), io rispondevo anzitutto che quell'uomo o prima o poi sarebbe venuto a mancare, e un successore sarebbe stato trovato, e anche a costui sarebbe stato trovato a suo tempo un successore, e non vedevo perché io dovessi recitare i nomi di tutti i possibili governanti italiani fino alla fine dei secoli; poi facevo osservare che non spettava a me, che vivevo fuori d'Italia, ma a coloro che stavano in Italia, scegliere il successore di quel– l'uomo nel momento che fosse passato a miglior vita; e .finalmente che io non potevo recitare nomi dei successori possibili, perché avrei indicato al– l'Ovra le persone da far sparire. Ma aggiungevo che un nome potevo ben farlo, perché apparteneva a un uomo di fama mondiale, che Mussolini non osava toccare: ed era quello di Benedetto Croce. (Non che credessi Croce adatto a un'opera di governo alla Cavour, ma come simbolo aveva un valore insuperabile, e come tale lo sbandieravo a piu non posso.) Cominciai a discutere politicamente Croce e gli altri "liberali" come lui, dopo il 25 luglio 1943, quando mi parve che facessero a Vittorio Ema– nuele III e a Badoglio un credito, il quale prometteva poco bene per l'avve– nire. Ma anche allora furono critiche assai caute, data la difficoltà dell'ora. Non mi parve vero di leggere, sul New York Times del 30 settembre 1943, che Croce "avrebbe voluto vedere una repubblica italiana": lo sfacelo seguito alla fuga di Pescara gli aveva aperto gli occhi. Osservai invece con inquietudine crescente le ambiguità politiche sue e dei suoi associati nei mesi successivi. Finalmente biasimai risolutamente, nell'aprile 1944, il pate– racchio Croce-Sforza-Badoglio-Togliatti-Vittorio Emanuele III-Luogotenente del re. Ero allora persuaso, e tuttora continuo a ritenere, che Croce e C.i (a parte Togliatti, che aveva le sue ragioni) non avrebbero mai dovuto con– sentire a una siffatta resa a discrezione, utile sf a Churchill ma non al popolo italiano, e soprattutto sconveniente al loro decoro personale. Non vedo, poi, in quali mie parole Vinciguerra possa avere scoperto che io propongo per Croce, Bergson e ogni altro filosofo un oblio, conve– niente o sconveniente che sia. Io ho il diritto di definire - il che non ha nulla da vedere coll'oblio - l'azione politica di Croce, di Gioberti, di Ba– cone e di tutte quelle altre brave persone, che Vinciguerra ha scritturate per negarmi il diritto di domandare quale sia stata la loro azione politica. Con tutto il rispetto che debbo a quei luminari del pensiero umano, riman .. go della opinione che nella politica essi hanno ii dovere di presentarci i loro passaporti, né piu né meno che Cavour o Stalin. Vinciguerra afferma che dai complessi avvenimenti della storia contem– poranea non possono essere avulsi i pensieri e i sentimenti del popolo ita- 453 Bibloteca Gino Bianco

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