Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo III

Scritti vari III II colpo di Stato del 25 luglio 1943, la immediata totale caduta di quel– la facciata mussoliniana, che aveva fino allora nascosto la realtà italiana, la esultanza che fece scendere nelle strade le moltitudini a festeggiare la fine del lungo incubo, non dileguarono le leggende che venti anni di propa– ganda fascista avevano radicato in tutto il mondo. Quelle feste erano attri– buite non tanto alla volontà di scuotersi di dosso un regime odiato, quanto alla fiducia di essere arrivati finalmente dalle tempeste della guerra nel porto della pace. E ora? Che cosa sarebbe avvenuto ora in quel popolo abbando– nato a se stesso, dopo che per tanti anni non aveva mai dato segno di "oppo– sizione," quella opposizione che nei paesi civili è la misura della capacità, che ha un popolo di autogovernarsi? Lo sfacelo del settembre 1943 sembrò confermare la opinione che il popolo italiano non potesse stare insieme senza un regime dittatoriale. In , quel mese terribile la intera impalcatura italiana si sfasciò. L'Italia non solo si trovò '' tagliata in due," ma in nessuna delle due sezioni c'era un governo a cui le popolazioni si sentissero in obbligo di obbe– dire. Nel Nord un governo detestato per se stesso e per essere prigioniero di un governo straniero non meno detestato. Nel Sud un altro governo, non tanto detestato quanto disprezzato, e tenuto prigioniero anche esso da governi stranieri, che si proclamavano suoi amici se li avesse assistiti nella guerra, ma i cui propositi verso il popolo italiano erano per lo meno equivoci per il giorno della pace. Noi che dalle vicende politiche eravamo stati sbattuti negli Stati Uniti, leggevamo sgomenti quel che i giornalisti anglo-americani raccontavano delle strade italiane percorse in due sensi opposti da lunghe file di soldati sbandati, seminudi, scalzi, con fazzoletti sul capo: settentrionali che dal Sud cercavano di raggiungere le loro case al Nord, e meridionali che dal Nord cercavano di raggiungere le loro case al Sud. Anche durante la prima guerra mondiale, la disfatta di Caporetto aveva prodotto uno sfacelo, ma solamente in quella parte dell'esercito, che si era trovata sul settore del fronte sfondato dal nemico. Il resto dell'esercito aveva tenuto duro. E nell'interno del paese, il popolo aveva tenuto duro. L'anno che succedé alla rotta di Caporetto, per la disciplina dimostrata dalla im– mensa maggioranza del popolo italiano nella sventura, e per la tenacia con cui quella sventura fu affrontata e riparata, rimane uno degli anni piu belli nella storia d'Italia. Ora invece tutto l'edificio costruito nel secolo precedente cadeva da ogni parte. Ci domandavamo smarriti se il Risorgimento italiano non fosse abor– tito. Il primo raggio di luce ci apparve quando sui primi di ottobre arriva– rono le notizie delle quattro giornate di Napoli contro i tedeschi. C'era dun– que là un popolo che resisteva, anche senza duce, anche senza re: indizio di vitalità inaspettato. Ma era semplice rifiuto di lasciarsi coscrivere dai tede- 434 Bibloteca Gino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy NjIwNTM=