Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo III

Scritti vari tare e il medico condotto arrivarono nelle campagne, e si misero accanto alla sola autorità che esistesse una volta, il parroco, e spesso disputarono a que– sto il terreno, e non di rado gli comunicarono anche qualcosa delle loro idee. Il giornale letto ad alta voce dal ragazzo o dalla ragazza, che andavano a scuola, innanzi a crocchi di uomini e donne anziane, svegliò anche chi non sapeva leggere. La lega di resistenza venne a mietere dove il maestro, il medico, l'emigrato e il giornalista avevano seminato. Poi il suffragio universale costrinse molta gente, che prima non aveva badato a loro, a scen– dere in mezzo a loro per acquistare i loro consensi ed i loro voti. Durante la prima guerra mondiale si ebbe una esperienza, che mezzo secolo prima sarebbe stata inconcepibile: centinaia di migliaia di rurali siciliani, cala– bresi, basilischi, pugliesi, parteciparono per piu di tre anni a una guerra micidiale, che aveva luogo su una frontiera lontana centinaia di miglia da casa loro. Ma finora il contadino italiano non aveva mai dovuto fare una scelta libera e pericolosa fra due alternative. Aveva aderito alla lega di resistenza attrattovi da un vantaggio economico immediato. Era andato alla guerra perché costretto. Era andato a votare per compiere un atto di fede o una protesta, che in fondo non gli costava nulla. Co1ninciò veramente a volere qualcosa con la testa propria e con la volontà propria, quando vennero i fascisti a bastonare il segretario della lega, e a bastonar lui se prendeva le difese di quell'uomo. Il contadino arrivò allora anche alla resistenza armata. Ma resisteva individualmente o per gruppi locali esigui, mentre gli altri procedevano per "squadre," in "spedizioni punitive" preordinate, su camion forniti dai proprietari e industriali o dalle autorità militari, con armi, muni– zioni e direzione date da queste autorità, con la connivenza della polizia e dei giudici. Il contadino fu schiacciato, e poi infornato nei cos1 detti sinda– cati fascisti, e portato come prigioniero di guerra, ai "raduni oceanici" a gridare evviva. Ma il fondo amaro del suo pensiero nessuno fra i trionfatori dell'ora lo intravide mai. Dal settembre 1943 in poi quel pensiero poté finalmente rivelarsi. Il contadino italiano fece allora la sua scelta: una scelta che poteva significare la vita o la morte. Entrò cosf definitivamente come fattore autonomo nella nazione italiana. Dopo la esperienza dei mesi che vanno dal settembre 1943 all'aprile del 1945, possiamo dire che oramai una nazione italiana esiste, non solo nelle aspirazioni di una minoranza intellettuale, come nella prima metà del secolo XIX, ma nella cosciente volontà di tutti i suoi componenti, anche i meno colti, anche i piu umili. Beninteso che nessuna nazione è fatta a regola d'arte. Occorrerà ancora molto lavoro per rifinire la nazione italiana. E forse non sarà mai rifinita come tutti vorrebbero. Sarà ben rifinita per gli uni, mentre sarà mal rifinita per gli altri. Ma quella nazione esiste. Che cosa questa nazione, finalmente unificata, farà di se stessa, nes– suno di noi può prevedere. Caso n1.aipossiamo anticipare che farà molti spro– positi. Ogni popolo procede traballando come fanno i bambini, urtandosi di qua e di là, finché la esperienza non gli abbia insegnato a fare buon uso 430 Bibloteca Gino Bianco

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