Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo III

Scritti vari verbo di Sonnino, e di quella "mano nera" di cui ho or ora parlato. Non fu necessariamente collegata né colla guerra né colle "radiose giornate di . ,, maggio. Chi tiene presenti tutti questi elementi di giudizio, leggerà il libro di Albertini con gli stessi consensi con cui l'ho letto io. DUE LETTERE Signor direttore, Sul Mondo dd 9 febbraio l'articolo di Gaetano Salvemini Albertini 1914-15 m'è parso abbastanza sereno e informato. Condivido l'opinione del Salvemini in ordine al– l'azione di Giolitti nel maggio 1915. Ma penso che la verità storica comporti qualche lieve rettifica. Dal mio compianto amico avvocato Speri Marcora di Milano, figlio dell'onorevole Giuseppe Marcora, allora presidente della Camera dei deputati, seppi esattamente quanto segue. Il Marcora figlio nel maggio 1915 trova vasi a Roma a fungere da segretario ~ particolare del padre: e segui tutta la vicenda di quei giorni. Egli mi disse che il Re aveva suggerito al Salandra di mandare l'onorevole Marcora da Giolitti per chiarire le ragioni dell'opposizione giolittiana all'intervento. Ora Giolitti, tra l'altro, disse al Marcora che egli temeva un esito sfavorevole della guerra, posto che quasi sicuramente la Russia avrebbe, a un certo punto, dovuto cedere le armi. E il Marcora padre disse allora al figlio che la stessa opinione si nutriva in Vaticano. Questo dato di fatto (che devo ritenere autentico per la serietà del defunto mio amico) serve a rettificare anche questa osservazione del Salvemini: "la fine dello zarismo nessuno se l'aspettava prima del 1917." AVV. GUIDO SIRONI Verso la metà del maggio 1915, non occorrevano spiriti profetici né a Giolitti né al Vaticano per prevedere che la Russia avrebbe dovuto a un certo punto cedere le armi. La travolgente offensiva di Mackensen in Gali– zia contro i russi era cominciata il 2 maggio, e lo sfacelo russo a Gorlice appariva già il 4 maggio; Giolitti tornò a Roma la mattina dell'8 maggio. Luigi Albertini ha giustamente osservato che "se l'offensiva di Mackensen fosse cominciata il 15 aprile anziché il 2 maggio, non si sarebbe probabil– mente firmato il 26 aprile il trattato di Londra" fra il governo italiano e i governi dell'Intesa antigermanica. 7 Quando Giolitti arrivò a Roma, quel trattato era stato firmato, e la Triplice Alleanza era stata già denunciata. Il problema non era piu, dunque, se i governanti italiani sarebbero entrati in una guerra facile a vincere finché i russi erano al di qua dei Carpazi. Il problema era diventato di sapere se i governanti italiani dovevano disdire il trattato del 26 aprile dopo avere disdetto quello della Triplice Alleanza, e trovarsi cosf soli, innanzi ad un' Au– stria che oramai poteva mobilitare verso il fronte italiano le forze che rimanevano disponibili dalla Galizia. In quelle condizioni, in quel momento, i governanti italiani non avevano innanzi a sé che una sola via: appoggiarsi all'Inghilterra e alla Francia per non rimanere a Dio spiacenti ed ai nemici sui. Era una seconda "fatalità storica," la quale si era inserita entro la 1 ALBERTINI, op. cit., p. 535. 410 Bibloteca Gino Bianco

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