Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo III

Scritti vari tezze confusionarie, in cui s'impigliarono San Giuliano e Salandra sulla fine del luglio e nei primi dell'agosto 1914, innanzi alla subitanea guerra euro– pea; e mette in luce gli spropositi commessi nella preparazione del Patto di Londra da Sonnino, incapace di districare il suo pensiero anchilosato da concezioni diplomatiche perente; e smonta uno per uno gli equivoci crono– logici che Salandra ha innocentemente tessuto nel raccontare gli eventi a . . ' cui partecipo. Fu l'opera di Albertini impeccabile in quell'anno, che doveva essere decisivo per l'avvenire del popolo italiano? Verrei meno al rispetto dovuto alla verità e alla memoria di Albertini se tacessi che a mio parere il Corrz·ere della Sera commise allora un grave errore. La campagna per la conquista della Dalmazia fu iniziata dai naziona– listi nel settembre del 1914, e per quattro anni, fino alle ultime settimane della guerra, fu protetta dalla censura, che soffocò ogni altra voce. Il Corriere ~ non secondò positivamente quella campagna di bugie, ma non la contrastò. Solo nell'estate del 1917 Albertini si rese conto delle conseguenze funeste che la campagna dalmatica produceva nell'andamento delle operazioni mili– tari e nella posizione diplomatica dell'Italia nell'Intesa, e specialmente di fronte a Wilson; e dopo Caporetto si buttò a corpo perduto nella campagna per la intesa con gli slavi e per lo sfasciamento dell'Austria. Ma il male era già diventato cosf profondo che il Corrz·ere, opponendosi alla marea, si trovò a combattere una battaglia perduta in partenza. Albertini non fu solo a commettere quell'errore di omissione. Altri interventisti, per esempio Bisso– lati e Battisti, pur non approvando quella campagna, pensarono che non fosse il caso di creare dissidi nel campo interventista, debole e malsicuro, sol– levando discussioni sulla pelle dell'orso. Questo non toglie che fu un errore. Proprio mentre leggo il libro di Albertini, mi sono venuti per le mani i Diarii e lettere di Carlo Galli.6 Chiunque avesse studiato il problema italo– slavo nell'Adriatico senza essere deviato dagli odi campanilisti dei politicanti locali, e non avesse inghiottito alla cieca le frottole che furono spacciate in Italia nei mesi della neutralità, e durante la guerra, non poteva non ragio– nare come ragionava Galli. Sonnino prese precisamente la via opposta. Faceva la guerra all'Austria con la certezza che l'Austria non si sarebbe sfasciata, ma si sarebbe "ino– rientata" a spese della Serbia fino a Salonicco; quindi l'Italia doveva premu– nirsi contro il predominio austriaco nell'Adriatico, occupando non solo l'~rsenale di Pola ma anche le isole foranee della Dalmazia, un territorio che potesse diventare un campo trincerato nella Dalmazia continentale, minac– ciando chi volesse scendere al mare. Non si domandò mai se un'Austria, arrivata a Salonicco, non avrebbe al piu presto cercato di scacciare l'Italia dalle posizioni dalmatiche, prendendola alla spalle. Albertini combatté quella politica dissennata. E anche su questo terreno il senno del poi doveva dargli ragione. A guerra finita, tutte le difficoltà, che 6 C. GALLI, Diarii e lettere, Firenze, Sansoni, 1951. 406 Bibloteca Gino Bianco

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