Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo III

Scritti vari aspettò il 1922 a dirle, invece di dirle nella primavera del 1915? Che cosa aveva, dunque, in testa allora? Giustino Fortunato, che lo conosceva bene, era dell'opinione che volesse prendere il posto del ministero Salandra e poi la guerra farla lui. Lo stesso Giolitti nelle Memorz·e dice di avere "sempre apertamente manifestata [a chi?] la sua opinione che non si dovesse allora entrare in guerra," che "l'Ita– lia avrebbe commesso un errore entrando in guerra nelle condizioni in cui la guerra si presentava allora" (II, pp. 538-540). Perché non disse questo "allora"? Ipotesi per ipotesi, io direi che Giolitti nella crisi internazionale del 1915 non capf niente, come non capf niente nella crisi domestica del 1920. Nessun dubbio che i rischi dell'intervento nella guerra europea del 1914 erano per l'Italia spaventosi. Giolitti aveva scarsa fiducia nei capi del– l'esercito italiano, che aveva visto alla prova durante la guerra di Libia: temeva non sarebbero riusciti a impedire la calata dei tedeschi a Verona e a Milano. Non era possibile dargli torto alla cieca allora; e meno che mai sarebbe possibile darglielo oggi, dopo le esperienze dei Visconti-Prasca e dei Graziani nella seconda guerra mondiale. Ma quando la casa brucia, si mette mano per spegnere l'incendio alle secchie vicine, e non si lascia bruciare la casa perché non si dispone di un pompa elettrica. Si fa quel che si può nella urgenza del pericolo. E con la scienza del poi si può bene osservare che, tutto compreso, l'Italia se la cavò bene, essendosi ancorata a un sistema militare che era destinato a salvarsi. Vi sono momenti, nella storia, in cui occorre rischiare tremende responsabilità: chi supera la prova, fece bene; e chi soccombe, fece male. Questo è proprio il caso in cui quel che conta è il risultato, e questo non di rado è dovuto a fattori imprevedibili. Del resto, nella ipotesi che la neutralità fosse prevalsa, che cosa sarebbe avvenuto dell'Italia durante la guerra? La Grecia rimase neutrale, e fu calpestata da quei belligeranti che erano padroni del mare. Avrebbe potuto un'Italia neutrale evitare la sorte della Grecia? Avrebbe potuto rimanere neutrale essendo a contatto, piu. che non fosse la Grecia, col teatro della guerra terrestre nell'Europa centrale? Alla fine, gli stessi lontani Stati Uniti d'America furono spinti nella voragine dalla brutalità tedesca. Poteva l'Italia sottrarsi a quella brutalità? La neutralità italiana avrebbe avuto senso in un caso solo: che fosse stata concepita come una fase di arresto prima di passare all'intervento a fianco degli Imperi centrali, co 1 ntro l'Intesa. Fine di siffatto intervento sarebbe stato voltare le spalle a mezzo secolo di "aspirazioni nazionali" sulla fron– tiera italiana e di diplomazie, e andarsene a buscare avventure in Africa, in Asia, in Oceania, a spese dell'Inghilterra e della Francia. Questa era senza dubbio l'idea di non pochi fra i maggiorenti del neutralismo italiano. Uno di essi me lo disse francamente nel 1917. Quando Giolitti scrive nelle Memorie che non si doveva "allora" entrare in guerra, si astiene dallo spie– gare con chi pensava di associarsi "poi." 404 Bibloteca Gino Bianco

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