Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo III

Scritti vari italiani, che si erano avventurati nel suo interno; la occupazione italiana si ridusse alla costa, e anche questa sarebbe stata perduta, se l'Italia non fosse stata alleata d'Inghilterra e Francia. Nella seconda guerra mondiale poi la Libia non fu che un peso morto sulle spalle della flotta e dell'esercito ita– liano. Mentre non aggiungeva nulla né alla ricchezza, né alle dotazioni mili– tari dell'Italia, la guerra di Libia scatenò la guerra balcanica del 1912-13, e questa accese la miccia alla guerra europea, e di fronte a questa l'Italia si trovò coi magazzini vuoti di tutto quanto era stato sperperato in Libia, e non poté intervenire quando il suo intervento avrebbe prodotto probabil– mente un tracollo immediato nella situazione militare, cioè nel settembre 1914, come osserva Albertini (pp. 359-491 ). Tutto questo è vero. Ma vi sono imprese inutili, o addirittura folli, che sono rese inevitabili, cioè diventano "fatalità storiche," per effetto di precedenti, alla cui morsa non si può sfuggire. Se questo è vero per la guerra libica, decida ogni uomo di buon senso se il governo italiano avrebbe potuto ri1nanere fuori dalla guerra europea del 1914-18. Dal 1866 al 1914, e specialmente a cominciare dal 1876 (senza voler risalire al di là del 1866), nessun ragazzo aveva frequentato una scuola italiana senza essere esortato a gemere sulla sorti di Trento e Trieste, op– presse dall'Austria. I repubblicani e i radicali avevano tenuto sempre desta per Trento e Trieste la fiamma dell'irreàentismo antiaustriaco. Gli stessi conservatori, che affermavano la necessità della Triplice Alleanza, non ave– vano mai sconfessato l'irredentismo per Trento, e avevano sempre desiderato almeno una rettifica della frontiera verso Trieste. Rinnovando nel 1887 la Triplice Alleanza, il governo di Vienna aveva dovuto impegnarsi a non alterare a proprio vantaggio in alcun modo lo statu quo nella penisola balca– nica, senza assicurare in precedenza compensi equivalenti all'Italia, e tutti in Italia avevano sempre pensato che quei compensi dovevano essere dati sul– la frontiera italo-austriaca. Quell'impegno assunto dai governanti austriaci, nel 1887, era considerato come un trionfo della diplomazia italiana, e tutti i ministri degli Esteri, dal 1887 in poi, lo avevan riguardato come la pupilla dei loro occhi. Nel primo decennio di questo secolo, poi, il movimento conservatore nazionalista si era messo a fare la concorrenza agli irredentisti repubblicani, non solo per Trento, ma anche per Trieste. Ed ecco che nelle trattative del 1914-15 il governo austriaco prima si comportò come se la pro– messa del 1887 non fosse stata mai fatta, e poi, pur ammettendone l'esistenza, cercò di eluderla in tutti i modi possibili, e si decise a fare concessioni insuf– ficienti (col proposito di annullarle dopo la vittoria), solo dopo che il ministro degli Esteri italiano ebbe denunciata l'alleanza, perché Vienna l'aveva vio– lata. Si noti bene che quei compensi che il governo italiano richiedeva come un minimo, senza il quale avrebbe considerata decaduta l'alleanza, non furono richiesti col sottinteso di trovare nel rifiuto dell'altra parte il prete– sto per dichiarare decaduta l'alleanza. Come Albertini dimostra (p. 507), e come del resto risultava da altre fonti di autorità indiscutibile, Sonnino, il ministro italiano che condusse le trattative, era disposto a conchiudere l'af- 402 Bibloteca Gino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy NjIwNTM=