Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo III

Albertini 1914-15 stenza passiva, dato che clericali e socialisti dominavano le moltitudini lavo– ratrici delle campagne e delle città. Con queste forze, che prevalevano nel paese, si associarono quelle della potente clientela parlamentare, che faceva capo a Giolitti. L'intervento contro gli Imperi centrali fu voluto da elementi delle classi medie, specialmente della borghesia intellettuale: e neanche in que– ste classi erano la maggioranza. E nella decisione finale ebbe, senza dubbio, preponderanza decisiva la volontà di Vittorio Emanuele III. Né la maggio– ranza reale, né la maggioranza legale del paese volevano l'intervento. Data l'enorme influenza che aveva allora il Corriere fra le classi me– die, si può fondatamente affermare che se il Corriere si fosse messo a pre– dicare la neutralità ad ogni costo, l'intervento italiano non sarebbe stato possibile. Albertini non fu il solo autore dell'intervento, ma f.u uno dei principali. Si assunse allora una tremenda responsabilità morale e politica, e continuò sempre ad assumersela in pieno, e se l'assume in pieno anche in questo libro. Non fu mai "maddaleno pentito," come Mussolini nel 1919 defin1 certi interventisti del 1914-15, diventati nel 1919 neutralisti. Maggioranze e minoranze Lo storico giudica col senno del poi: è stato detto un profeta del pas– sato. Non potrebbe essere altro. Se giudicasse col senno del prima, sarebbe profeta del futuro. È l'uomo politico che deve giudicare col senno del prima: cioè deve avere l'istinto delle cose invisibili, un'immaginazione ca– pace di vedere le cose possibili aiutandosi con l'esperienza delle cose acca– dute. Quello dell'uomo politico e quello dello storico sono mestieri di– versi: a ognuno il suo. La differenza fra l'uomo politico di grande statura, raro a trovarsi, e il politicante di ogni giorno, è precisamente questa: che quello resiste vittoriosamente al senno del poi, cioè al giudizio storico, men– tre l'altro è come un dipinto, in colori labili, esposto all'aria aperta, che viene sciacquato dalla prima pioggia. Albertini in questo libro fa da storico e da uomo politico. Comincia col ricostruire gli avvenimenti, quali risultano dai documenti pubblicati anni dopo integrando i documenti con le memorie e le altre testimonianze che si sono andate accumulando dopo gli eventi. Poi rende conto dell'at– teggiamento preso da lui e dai suoi collaboratori del Corriere della Sera giorno per giorno, senza conoscere le segrete cose, fidandosi al buon senso naturale, alla conoscenza dei precedenti e a quell'equilibrato apprezzamento della dignità nazionale e intuito morale, che, volere o volare, sono le bus– sole migliori nei momenti decisivi. E conclude che il senno del poi ha dato ragione a quello che fu in lui il senno del prima. Ebbe egli ragione nel 1914-15? Ebbe ragione nello scrivere questo libro, a rivendicare senza contrizioni le sue responsabilità di quel tempo? Credere di risolvere questo problema col semplice ricordare che l'in- 399 Bibloteca Gino Bianco

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