Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo III

Scritti t1ari Se Mussolini fosse stato nel 1938 cos{ pratico di tedesco come riuscf a far credere ai poveri di spirito inglesi e francesi, non si capirebbe perché nel maggio 1940, quando l'a1nbasciatore tedesco, Mackensen, gli portò la lettera, in cui Hitler annunziava che la invasione dell'Olanda e del Belgio era già cominciata, Mussolini "sfogliò lentamente le otto o nove pagine della lettera ... Voleva sincerarsi di avere capito esattamente la lettera che era in tedesco... Cominciò a leggere ogni periodo in tedesco, traducendolo, volta per volta, piano e senza innervosirsi, da scolaretto saggio. Quando il vocabolo non veniva, o quando gli sembrava che la traduzione non fosse corretta o il senso non appariva abbastanza chiaro, guardava Mackensen, il quale suggeriva all'allievo illustre le parole che egli riteneva appropriate. " 22 L'Anfuso (p. 59) scrive: Il tedesco che parlava Mussolini era buono per una conversazione politica; non so quanto fosse servito a una conversazione piu larga e piena di sfumature; egli seguiva le parlate di Hitler, ma senza concedersi il lusso di distrarsi o distendersi; parlar di mestiere avrebbe domandato una maggior competenza linguistica. Paul Schmidt, il noto interprete di Hitler, ci dice che Mussolini par– lava tedesco abbastanza bene, ma discutendo con Goering nel 1937, non ca– p.1che Goering parlava dell'Anschluss, e scosse violentemente la testa solo dopo che Schmidt tradusse in francese le parole di Goering. 23 La farsa nella tragedia Il cameriere di Mussolini (o chi sotto il suo nome) ci informa (p. 178) che Mussolini a Salisburgo, nel gennaio 1941, "parlò con Hitler cor– dialmente, e qualche volta lo prese per il braccio e gli sussurrò qualcosa nell'orecchio, che lo fece ridere." Ma lo stesso cameriere, dice che, conver– sando con Hitler, Mussolini non ebbe il coraggio di confessare che spes– sissimo non capiva una parola di quanto il Fiihrer diceva in tedesco. "Il Duce aveva una conoscenza approssimativa del tedesco, e inciampava conti– nuamente in parole che non conosceva." Nel 1942, ad un altro incontro in Salisburgo, Hitler, al solito, parlò a non finire, rivolgendosi specialmente al generale Cavallero, che fra gli italiani capiva il tedesco e ascoltava con compunzione religiosa (Dz·ario di Ciano, 29 aprile 1942). Secondo quanto il cameriere di Mussolini (o colui che gli tiene la penna) dice di avere saputo da un testimone, Mussolini frattanto sonnecchiava. Hitler insegnava che in America vi era una nazio– nalità oppressa che doveva essere liberata: i pellirosse. Rivolgendosi all'im– provviso verso Mussolini, domandò: "Credete che un governo di pellirosse sarebbe un'esperienza estremamente interessante?" Mussolini si scosse, chiu– se gli occhi come per concentrarsi sulla domanda, e senza esitazione rispo-- 22 F. ANFuso, Roma, Berlino, Salò (1936-1945), Milano, Garzanti, 1950, p. 142. 23 P. SCHMIDT, Statist auf diplomatischer Buhne, 1923-45, Bonn, 1949, pp. 347, 365. 394 Bibloteca Gino Bianco

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