Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo III

Mussolini poliglotta Alla conferenza di Monaco del 1938, dove fu fatta man bassa della Cecoslovacchia, Neville Chamberlain non capiva né il francese, né il tede– sco, né l'italiano; Daladier aveva una infarinatura d'italiano, ma non capi– va né il tedesco né l'inglese e lasciò tutto il peso della discussione sulle spalle del segretario generale al ministero degli Esteri francese, Alexis Lé– ger; Hitler non capiva né l'inglese, né il francese, né l'italiano; e Musso– lini si dava l'aria di conoscere tutte le lingue. In realtà capiva benissimo il francese, e dalle traduzioni in francese si rendeva conto della intera di– scussione. Monsieur Léger, al quale debbo questa informazione, osservò che di tanto in tanto Hitler e Mussolini si ritiravano in un angolo della sala e confabulavano, dopo di che Hitler riprendeva la discussione cedendo. Non c'è dubbio che oramai Mussolini, grazie alle lezioni del prof. Vickoler possedeva piu che i rudimenti del tedesco. Ranuccio Bianchi Ban– dinelli attesta che nel maggio 1938 Mussolini parlava "correntemente un te– desco abbastanza ricco di vocabolario per quanto con forte accento roma– gnolo. 1111 Ma ritorniamo sempre allo stesso punto; altro è esprimersi in una lingua, altro è capire chi parla torrenzialmente quella lingua. L'ambasciatore inglese, Sir Nevile Henderson, che, poveraccio, non era un'aquila, si lasciò turlupinare da Mussolini i11 questa piccola faccenda, come si lasciò turlupinare da Hitler in faccende ben piu importanti, e a p. 172 del suo Failure of a M1:ssion 18 ammira il miracolo di Mussolini qua– drilingue. Anche l'ambasciatore francese a Berlino, François-Poncet, inghiot– ti la storiella che Mussolini "capiva francese, tedesco e inglese" e "parlava tedesco bene sebbene con accento imperfetto. 1119 La fama del poliglottismo mussoliniano arrivò fino al ministro degli Esteri francese, Bonnet, che non intervenne a Monaco. Costui attribuisce a Mussolini tre lingue,2° cioè, mi figuro, il francese, l'inglese ed il tedesco, non dovendosi mettere in conto l'italiano che è stato sempre fuori discussione. Dollmann racconta burlescamente che a Monaco Mussolini funzionò da interprete fra tutti. 21 Ma aggiunge che Mussolini usava di rado l'inter– prete, essendo "convinto della sua padronanza del tedesco 11 : "credeva po– tersela cavare da solo, e questo errore fatale è costato all'Italia assai piu di . . ,, quanto non s1 pensi. Quel tedesco bastava a mala pena per una banale conversazione o per discorrere con Goering da vecchi soldati, servendosi di espressioni familiari a qualunque caporale. Ma se si toccavano le profondità della mistica hitleriana, mistica dell'impostazione po– litica assolutamente reale, se si passava a difficili questioni tecniche di dettaglio, allora il Duce, invece di confessare che non capiva piu, preferiva lasciarsi prendere la mano (p. 87). 11 R. BIANCHI BANDINELLI, Dal diario di un borghese e altri scritti, Milano, Mondadori, 1948, pp. 180-81. 1s N. l!ENDERSON, Failure of a Mission, New York, 1940. [N.d.C.] 19 A. FRANço1s-PoNCET, Souvenirs d'une ambassade à Berlin, Paris, 1946, pp. 216, 278. 20 G. BoNNET, Defense de la paix, vol. I: De Washington au Quai d'Orsay, Paris, 1946, p. 291. 21 E. DoLLMANN, Roma nazista, Milano, Longanesi, 1951, p. 125. 393 Bibloteca Gino Bianco

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