Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo III

Mussolini poliglotta Mussolini parlava tedesco lentamente ma correttamente. Le prime parole che mi disse, furono: "Es freut mich, Het·r Schuller, Sie kennen zu lernen." Allora continuò in francese che parlava correntemente. Credo che intendesse bene il tedesco. Aveva parlato il tedesco come operaio, in altri tempi, coi suoi amici socialisti dell'Austria. Ma probabil– mente non usava il tedesco per discutere argomenti gravi. Mussolini non visse mai come operaio fra i suoi amici socialisti del- 1' Austria. In Trento italiana visse tra socialisti italiani. Può avere avuto cor– rispondenze epistolari con socialisti tedeschi in altre parti dell'Austria. Ma le lettere debbono essere state scritte da altri. Se teniamo presente la scarsa conoscenza che Mussolini aveva del te– desco, e la fatuità che metteva nel voler far credere che lo sapeva, trove– remo la risposta alla domanda come mai Hitler, nel giugno 1934, alcune settimane dopo aver visitato Mussolini a Venezia, abbia fatto assassi– nare Dollfuss, arrivando sull'orlo della guerra con l'Italia. Che cosa si dis– sero i due uomini, quando si trovarono soli nella Villa di Stra? Mussolini, volendo far credere e forse credendo di sapere il tedesco, non volle un interprete. Ma capi poco o niente di quel che Hitler colla sua eloquenza torrenziale gli rovesciò addosso. Alla sua volta Hitler aveva il diritto di credere che non gli occorresse, con un uomo pratico di certe faccende come Mussolini, entrare in troppi particolari su un progetto come quello di "far fuori" Dollfuss. Fra diplomatici che si rispettano, un ra– pido cenno deve bastare su certe materie. Mussolini si dava l'aria di ca– pire, e diceva ja ja ja. Al ritorno di Hitler a Berlino, i nazisti austriaci ricevettero "via libera" contro Dollfuss. Soltanto quando Mussolini comin– ciò a protestare, urlare, minacciare, Hitler capi che nel tedesco mussolinia– no ja ja ja significava nein nein nei·n. La spiegazione è tutta da ridere, ma è la sola convincente nella sua semplicità. Il cameriere di Mussolini, o chi gli tenne la penna, afferma che Mus– solini "conosceva il tedesco abbastanza per farsi capire." Ma per capire chi diluviava in fretta come Hitler? Lo stesso cameriere ci dice che "due o tre volte al mese" un professore Vickoler andava a dare lezioni al Duce. Quando queste lezioni siano cominciate, il cameriere non dice, ma dice che continuavano ancora dall'autunno del 1943 alla primavera del 1945. È lecito domandare perché le lezioni del prof. Vickoler erano necessarie al Duce anche nel tempo turbinoso del 1945, se già nel 1908 poteva leggere Nietzsche in tedesco. Un alto funzionario del ministero del Esteri italiano disse nel 1944: Mussolini credeva di intendere e parlare il tedesco alla perfezione, mentre in realtà ne aveva una conoscenza assai limitata. Eppure non voleva portare un interprete quando si incontrava con Hitler. No! Quando il destino d'Italia era in gioco, Mussolini non sapeva, alla parola, quello che Hitler gli diceva. Cosi egli consenti alla marcia di Hitler in Austria e verso il Brennero, semplicemente perché non sapeva quel che Hitler gli aveva proposto (Li/ e, 9 ottobre 1944, p. 17, nota). 391 Bibloteca Gino Bianco

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