Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo III

Scritti vari venti minuti quando c'era tempo, e spesso a intervalli di settimane (New York Times Magazine, l 7 novembre 1929). Con tutte le sue buone inten– zioni Miss Gibson non lodò i trionfi filologici del suo alunno. Quando il segretario di Stato americano, Stimson, visitò il Duce nel 1931, fu neces- • • 6 sar10 un interprete. Possiamo perciò mandare l'inglese a fare compagnia al latino, anche se Ludwig nel 1932 scopr.1che il suo eroe parlava inglese facilmente. 7 Quanto al greco, Mussolini in persona, il 5 aprile 1945, disse ad una giornalista francese, Maddalena Mollier, che lui leggeva Platone, i fram– menti di Saffo, Omero, Eschilo, Aristotile. "Sapete il greco, dunque?" do– mandò la giornalista. E lui: "Sf, l'ho studiato, e ne sono contento." Notare la data: 5 aprile 1945; venti giorni prima che fosse fucilato. Neanche nell'o– ra piu tragica della sua vita, poteva rinunziare alla soddisfazione di fare il buffone. Nel dicembre 1943, Mussolini disse sul libro della Sarfatti: "È una bottega di chincaglierie. Permisi che fosse pubblicato, perché ai fini della propaganda le invenzioni sono piu utili della verità" (Fossati, nel quoti– diano La repubblica d'Italia, 17 ottobre 1947). Aveva ragione: ancora nel 1949, la proprietaria di una pensione in Roma condannava l'assassinio di Mussolini perché il Duce "era stato, dopo tutto, un uomo che parlava otto lingue" .(New York Times Book Review, 10 aprile 1949). Il tedesco d,: Mussolini e Dollfuss Piu complesso il problema per il tedesco. Chi vuole raccapezzarsi nel ginepraio delle testimonianze, a prima vista contraddittorie, su questo pun– to, deve tenere presente che vi sono diversi gradi nella conoscenza di una lingua, e specialmente del tedesco per un italiano: 1) capacità di inten– dere piu o meno rapidamente un testo scritto; 2) capacità di esprimersi piu o meno rapidamente e piu o meno correttamente; 3) capacità di inten– dere chi parla quella lingua; 4) capacità di intenderla specialmente se è par– lata torrenzialmente: in questo caso è necessaria, e forse non è neanche sufficiente, una lunga pratica. Mussolini cominciò a "balbettare" un po' di tedesco nel 1903, men– tre stava in Berna, dal marzo al giugno (La mia vz·ta, p. 82). Gli sarebbe stato impossibile vivere in una città di lingua tedesca senza beccare qualche parola qua e là almeno dalla mostra delle botteghe. Un maggior numero di parole, senza dubbio, dové beccare in Ginevra, nell'estate del 1904, quan– do tradusse insieme con Angelica Balabanoff il libro di Kautsky Am Tage nach der sozialen Revolution, e un opuscolo neomalthusiano (La mia vita, 6 H. L. STIMSON e McGEORGE BUNDY, On Active Service in Peace and War, New York, Harper, 1948, p. 268. 7 E. LUDWIG, Talks with Mussolini, Boston, Little Brown & Co., 1933, p. 26 [cfr. In., Col– loqui con Mussolini, Milano, Mondadori, 1932, p. 36: N.d.C.] 388 Bibloteca Gino Bianco

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