Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo III

Scritti vari come tutti gli altri "conservatori" una rivoluzione popolare, un "salto nel buio" come si diceva allora e si dice tuttora. Sperò nel Re. Fu lasciato in asso dal Re. Dopo la vittoria di Mussolini nel gennaio del 1925 egli continuò nella opposizione giorno per giorno, senza cedere a nessuna minaccia, con coraggio e dignità degni della piu grande ammirazione. lo non so quanti giornalisti inglesi o americani, se dovessero lavorare nelle condizioni dei giornalisti antifascisti italiani dal 1922 al 1926, dimostrerebbero lo stesso coraggio fisico e la stessa tenacia morale, oppure passerebbero armi e bagagli senza ritardo al soldo dei vincitori. Fu solo nel novembre del 1925, che Albertini, tradito dagli altri proprietari del giornale, i fratelli Crespi, grandi industriali, dové abbandonare la direzione. Einaudi avrebbe potuto ottenere onori e denari a volontà per sé e per i suoi figli se si fosse associato ai vincitori. Invece segu1 Albertini nella cat– tiva come nella buona fortuna. Agf da uomo onesto. Solo chi è vissuto per , anni e anni sotto un regime di terrore può capire quanto sia difficile e quanto merito ci sia a rimanere un uomo onesto. Vi sono dei reazionari disonesti e vi sono conservatori onesti. Non è lecito confondere i primi con i secondi. I primi rimangono spregevoli anche quando hanno ragione. I secondi ri– mangono degni di rispetto anche quando hanno torto. Che cosa direbbe oggi Luigi Albertini sul Corri·ere della Sera, se non fosse morto al principio di questa guerra, non sappiamo. Nelle ore in cui lottò :fieramente contro il fascismo mentre tanti democratici vigliaccamente voltavano casacca, noi avevamo imparato a rispettarlo, ammirarlo e volergli bene. Amiamo credere perciò che dopo il 25 luglio 1943 non avrebbe fatto combutta né con Badoglio né con Bergamini. Non è lecito nascondere qualche parte della verità che sia seccante a raccontare. Nel 1931, quando Mussolini fece obbligo agli insegnanti univer– sitari, pena la destituzione, di prestare giuramento che avrebbero educato alunni fedeli al regime fascista, Einaudi prestò il giuramento. Non era po– vero. Oltre allo stipendio di insegnante universitario aveva quello di sena– tore. Era da un pezzo pecora segnata, e non correva nessun rischio sopran– numerario a non giurare. Avrebbe perduto solamente quelle poche migliaia di lire all'anno che rappresentavano la differenza fra lo stipendio e la pen– sione. Egli doveva al proprio nobile passato di non giurare. Giurò. Ricorderò sempre il giubilo che provammo noi a Londra quando un giornale di Parigi ci portò la notizia che Luigi Einaudi non giurava, e il tonfo che ci fece il cuore quando il suo nome non apparve fra coloro che avevano disobbedito. Il carattere è per un popolo piu importante che l'ingegno e la dottrina. Sventura dell'Italia è stata sempre la mancanza di carattere in troppi fra coloro che avrebbero dovuto darne l'esempio. Oggi Einaudi mette in guardia gl'italiani contro il pericolo che il posto della dittatura fascista sia preso dalla dittatura comunista. In questa il governo possederebbe tutti i mezzi di produzione e di scambio e gli operai non avrebbero che un solo padrone, lo Stato. Parla come un libro stampato. Auguriamoci che la grande maggioranza 360 Bibloteca Gino Bianco

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