Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo III

Che cosa è un "liberale" italiano nel 1946 con ammirevole coerenza la dottrina economica "liberista," cioè condannò nello stesso tempo il protezionismo borghese e il protezionismo socialista. Ma un "liberista" non è necessariamente un "liberale" nel senso che questa parola aveva in Italia prima del 1848. I fisiocrati del secolo XVIII, che sono i progenitori dei "liberisti" del secolo XIX, preferivano la monarchia asso– luta alla monarchia costituzionale, perché credevano che un governo dispo– tico potesse imporre la libertà economica piu facilmente che un governo libero. Maffeo Pantaleoni, che fu certo uno dei "liberisti" piu geniali della sua generazione, non fu un "liberale," ma fu uno dei fascisti piu facino– rosi. Fortunatamente per lui e sfortunatamente per noi, egli mori nel 1925, cioè prima che la dittatura fascista abolisse le libertà economiche delle classi ricche dopo avere abolito le libertà economiche delle classi povere. Fosse Pantaleoni vissuto altri dieci anni, avremmo visto se il suo odio feroce contro le libertà economiche delle classi povere lo avrebbe condotto ad approvare anche la soppressione delle libertà economiche delle classi ricche, cioè se il suo liberismo avrebbe fatto o no una bancarotta totale. Einaudi combatté sempre e il protezionismo socialista e il protezionismo borghese. Ma quando sorse il fascismo borghese contro il protezionismo socialista, egli accettò senza ripugnanza visibile il fascismo borghese. Questo salvava l'Italia da un male maggiore: dal socialismo. Sperò che i fascisti a furia di bastonate e di olio di ricino riconducessero l'Italia alle saggie pra– tiche raccomandate dalla scuola liberista. Nel settembre del 1922 lodò sul Corriere della Sera "quei bravi giovanotti" che mettevano a ferro e a fuoco le sedi delle organizzazioni operaie. Giustizia vuole però si dica che egli non era un "liberale," diventato reazionario, secondo il figurino del Giornale d'Italia. Era un "liberale" ri– masto conservatore, secondo il figurino del Corriere della Sera. I "liberali" che si raccoglievano intorno a Luigi Albertini, direttore del Corr1:eredella Sera, favorirono anch'essi dapprincipio il movimento fascista. Ma mentre i "reazionari" del Giornale d'Italia appoggiarono metodicamente e disonesta– mente nel 1921 e 1922 tutti i peggiori eccessi fascisti, i "conservatori" del Corriere della Sera cominciarono nell'estate del 1921 a deplorare quegli ec– cessi, e a domandare che il governo compisse il suo dovere di mantenere l'ordine pubblico non solo contro i socialisti, ma anche contro i fascisti. Senza dubbio una certa tenerezza la sentirono sempre fino all'ottobre 1922 per "quei bravi giovanotti." Li consigliavano a mettere giudizio e tirarsi in disparte ora che non c'era piu bisogno di loro. Ma nell'ottobre del 1922, messo di fronte alla Marcia su Roma, Albertini nettamente condannò il colpo di Stato e passò all'opposizione. Invece Bergamini fino all'assassinio di Matteotti tenne l'atteggiamento ambiguo del "fiancheggiatore n che avrebbe amato dire sempre di si e cooperare incondizionatamente col fascismo, ma purtroppo era costretto a fare qualche riserva dolendosi che il fascismo tal– volta oltrepassasse i limiti e lo costringesse a borbottare almeno fra i denti qualche no. Durante la crisi prodotta dall'assassinio di Matteotti, Albertini temé 359 Bibloteca Gino Bianco

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