Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo III

Che cosa è un "liberale" italiano nel 1946 ' "1·b I " h. ' An h . ' e 1 era e c 1unque non e conservatore. c e a un comunista puo acca- dere di essere chiamato e di chiamarsi "liberale." Vi sono anche dei "catto– lici liberali." Ma questi non hanno nulla di comune coi "protestanti libe– rali," che respingono molte tradizioni dogmatiche. I '' cattolici liberali" sono di una ortodossia strettissima in fatto di dogmi e di disciplina eccle– siastica, ma solamente si dichiarano favorevoli ad alcune riforme economiche e sociali che sono promosse dai partiti di sinistra e sono contrastate dai par– titi di destra. E basta questo fatto perché anche essi mettano in mostra una etichetta "liberale." Se dopo questa diversione anglo-americana ritorniamo all'Italia, tro– viamo che qui nel secolo XX scomparve ogni differenza fra "democratici" e "radicali." Ma una qualche differenza era ancora possibile discernere fra "liberali" e "democratici": ed era in questi ultimi un qualche maggiore sospetto verso i clericali e una certa proclività a sbandierare un po' di fraseo– logia "progressista" - sospetto e proclività che del resto svanivano senza grandi difficoltà. Giovanni Giolitti fu il rappresentante tipico di questa democrazia che cercava sempre una bandiera e non ne trovava mai nessuna. Dopo la guerra del 1914-1918, i liberali si fusero ufficialmente coi nazionalisti. D'altra parte i cattolici italiani si rifiutarono di rimanere al servizio elettorale dei liberali (cioè conservatori) e formarono un partito indi– pendente, il Partito popolare. I liberali-conservatori-nazionalisti odiarono que– sto nuovo partito quasi quanto odiavano i socialisti, e piu ancora che non odiassero quei democratici, che commettevano il delitto inespiabile di amo– reggiare coi socialisti. Avendo perduto dopo le elezioni del 1919 ogni speranza di prevalere contro popolari e socialisti, i liberali-conservatori-nazionalisti diventarono sen– z'altro "reazionari" e credettero di potere utilizzare i fascisti per instaurare in Italia il "liberalismo" di Salandra e Sonnino. Essi furono i "fiancheg– giatori" del movimento fascista. Gentile, che fu liberale-nazionalista fino al 1922, e diventò fascista nel 1923, pretendeva che il fascismo fosse la con– tinuazione del "liberalismo." Aveva ragione, se pensava al "liberalismo" quale si era oramai configurato nell'Europa continentale, e non al "libera– lismo" anglo-americano dei suoi tempi. Rappresentante tipico del liberalismo italiano nei primi venti anni di questo secolo fu il Giornale d'ltali·a diretto da Alberto Bergamini. Esisté sempre fra Bergamini e la verità una assoluta incompatibilità di carattere. Una notizia falsa era piu utile per la vendita del suo giornale che una noti– zia vera: infatti la notizia vera passava inosservata, mentre la notizia falsa provocava smentite, rettifiche, controversie, e cosf teneva desta la curio– sità del pubblico intorno al giornale. Se c'è un uomo responsabile del movimento fascista subito dopo Benito Mussolini, un uomo al quale dovrebbero essere applicate le pene commi– nate dall'articolo 3 del decreto legislativo 27 luglio 1944 contro "coloro che hanno promosso l'insurrezione del 28 ottobre 1922," costui è senza dubbio il senatore Bergamini. 357 Bibloteca Gino Bianco

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