Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo III

Sotto la scure del f asdsmo l'attuale depressione sarà superata, "soprattutto allora sarà necessaria la disciplina perché gli uomini facili a dimenticare, sarebbero indotti a ricom– mettere le stesse sciocchezze, a ripetere la stessa follia. " 8 Le corporazioni de– vono creare le norme per regolare tale disciplina. Chi otterrà il sopravvento? La guerra di Etiopia, per quanto se ne può dire servendosi di tutte le fonti attendibili, non è stata voluta né dai capi militari né dal grande capitale. La maggior parte dei capi militari sapevano che l'Etiopia sarebbe stato un osso molto duro, ma erano riusciti ad ottenere che Mussolini accet– tasse l'aumento delle spese militari da due miliardi e mezzo a cinque miliardi di lire, gli avevano fatto ripetere tante volte nei suoi discorsi che l'Italia era diventata un colosso militare, e ora essi non potevano confessare al Duce che questo colosso difficilmente sarebbe in grado di soggiogare un popolo barbaro e male armato. Tra di loro De Bono fu uno dei pochi ad assicu– rare a Mussolini che un trionfo militare era questione di pochi mesi. Nelle - sei settimane durante le quali diresse le operazioni militari, egli dette tali prove di imbecillità senile che Mussolini fu costretto a richiamarlo. Persino tra i grossi uomini d'affari, molti non provarono alcun entusiasmo per una tanto costosa impresa. I produttori di materiale bellico videro la possibilità di lauti profitti, e quindi anche loro contribuirono a incoraggiare Mussolini. Ma la guerra fu voluta soprattutto da Mussolini e dai capi del partito, spe– cialmente da quelli che provenivano dal vecchio Partito nazionalista, perché qualcosa bisognava pur fare per ristabilire il prestigio del regime fascista in Italia. Questo prestigio aveva cominciato a vacillare alla fine del 1926 in seguito alla crisi economica prodotta dalla rivalutazione della lira. Era costantemente calato durante i sei anni della depressione mondiale. In Italia un numero sempre crescente di persone si chiedeva a che cosa servisse una dittatura che non sapeva applicare nessun rimedio migliore di una qualsiasi democrazia per risolvere le difficoltà economiche. Nel 1934 si era fatta evi– dente in tutta Italia, nella massa della popolazione, una fatale e invincibile inerzia. Privata di ogni diritto di far sentire la propria voce, la gente rea– giva con questa terribile indifferenza ad ogni stimolo esterno. Al tempo stesso tra i fascisti - i soli in Italia che in una certa misura possano rendere noto il loro scontento, purché infiorino l'inizio e la fine dei loro discorsi cantando le lodi e le benemerenze di Mussolini - si andava diffondendo una inquietudine sempre piu profonda. Tra la fine del 1934 e l'inizio del 1935, un giornalista francese che conosceva il suo mestiere, Lachin, nel corso di un'inchiesta che conduceva in Italia, fu colpito dal fatto che ovunque esistesse una sinistra fascista che aveva preso sul serio la "rivoluzione so– ciale" che Mussolini aveva promesso di realizzare mediante le corporazioni, si era stanchi di aspettare e si chiedeva che Mussolini ponesse fine al capi– talismo. Essi avevano atteso che le corporazioni producessero la tanto strom– bazzata rivoluzione, ma la rivoluzione era piu lontana che mai. "Il vero nemico del fascismo," dicevano, "non è né il socialismo né il comunismo, 8 Al Senato, il 13 gennaio 1934: MussoLINI, XXVI, p. 151. 348 Bibloteca Gino Bianco

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