Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo III

Fascismo, capitalismo e burocrazia dei fabbricanti, dei prodotti dell'industria stessa." Seguendo l'esempio dei produttori di ferro, molti altri industriali importanti si affrettarono a richie– dere l'aiuto del governo per la costituzione di consorzi obbligatori: aziende sull'orlo del fallimento pretendevano di venir consorziate con aziende sane e robuste; grossi industriali pretendevano di essere consorziati con i piccoli per poterseli piu facilmente fagocitare. Era una "gara a formare consorzi. " 5 Per proteggersi da tante pressioni, il ministro presentò al Parlamento un progetto di legge che obbligava quei consorzi che nel passaggio dalla forma volontaria a quella obbligatoria chiedevano aiuti governativi, a sottomettersi al controllo del Consiglio nazionale delle corporazioni. Finalmente quest'ul– timo avrebbe avuto qualcosa da fare. Ma i rappresentanti degli interessi industriali alla Camera e al Senato si opposero a tale controllo, anche qua– lora esso avesse assunto la veste di un semplice parere consultivo in merito al quale l'ultima parola spettasse a Mussolini. I grossi industriali ----: i soli che volessero davvero i consorzi - invocavano l'aiuto del governo per sotto– mettere i loro recalcitranti colleghi ai loro voleri, ma non avevano alcuna intenzione di sottomettersi a loro volta ad una qualsiasi forma di controllo. Il progetto di legge fu approvato cosf come il ministro l'aveva preparato. Se il governo avesse rinunciato a tutti i diritti di controllo sui consorzi dopo che li aveva aiutati a conquistare il dominio assoluto del paese, lo scandalo sarebbe stato troppo grande. Ma il risultato della legge fu che non venne formato nessun consorzio obbligatorio. Nel settembre 1933 lo stesso consorzio siderurgico fu sciolto. Piuttosto che accettare il controllo, i grandi industriali rinunciarono all'aiuto del governo per la costituzione di consorzi obligatori. 6 Oggi i grandi industriali, i banchieri, i grandi proprietari terrieri, e le compagnie di navigazione implorano il governo di salvarli dalla rovina. Il loro laissez-fai·re è temporaneamente messo da parte perché sono deboli. Non appena saranno di nuovo in grado di condurre i loro affari senza l'aiuto del governo, inalzeranno il vessillo della .iniziativa privata e del laissez-faire, ovvero del loro laissez-faire. In un discorso, il 20 novembre 1933, Olivetti defin1 l'atteggiamento dei capitalisti italiani nei confronti delle • • corporaz1on1: La corporazione non sopprimerà l'iniziativa privata (...) perché non è mai stato nell'idea di nessuno che quando si parla della disciplina della produzione, questo signifi– chi mortificazione degli sforzi che ciascuno fa per mantenere in vita o per aumentare la potenzialità ddla propria azienda. 7 Al contrario, Mussolini ha affermato che i provvedimenti presi per fare fronte alla crisi non sono semplici misure di emergenza. Anche quando s "La Stampa, 11 25 febbraio 1932. Parlando alla Camera, il 24 febbraio 1932, il ministro delle Corporazioni, Bottai, disse: "È venuto di moda, non appena si ha la sensazione che in un determinato settore le cose non vanno, di chiedere un consorzio" (A. P., Camera, Legislatura XXVIII, Discussioni, vol. V, p. 5791). 6 RosENSTOCK-FRANCK, L'économie corporative cit., pp. 374-83. Il "Corriere della Sera," 3 settembre 1933, annunciò la fine del consorzio del ferro come prova del fatto che "la coscien– za corporativa si va rapidamente sviluppando fra gli esercenti i vari rami dell'attività economica." 7 "L'organizzazione Industriale," 30 novembre 1933, p. 690. [N.d.C.] 347 Bibloteca Gino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy NjIwNTM=