Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo III

Sotto la scure del fascismo cuna voce nelle corporazioni. Ma nelle corporazioni gli uomini che rappre– sentano il grande capitale saranno in minoranza. La maggioranza sarà formata da alti burocrati ed esperti nominati dal governo, dai cosiddetti delegati sindacali, e dai membri del Partito fascista. L'unica difesa che ri– marrà ad una grande impresa contro tale maggioranza, sarà Mussolini, poi– ché le corporazioni non potranno muovere un passo senza il suo permesso. Questa tutela da parte di Mussolini non può non riuscire fastidiosa a individui abituati all'esercizio diretto dell'autorità, e non a sottomettersi al– l'autorità degli altri. Al Senato, il 13 gennaio 1934, nel corso della discus– sione sul progetto di legge che istituiva le corporazioni, il senatore Corbino riuscf a far penetrare questo senso di stanchezza e di preoccupazione nella sequela di adulazioni che, secondo il cerimoniale d'obbligo, rovesciò sul Duce: Gli italiani, ogni giorno piu persuasi delle qualità eccezionali del loro capo, (...) cominciano ad abituarsi ogni giorno piu a scaricarsi del dovere di vincere da sé le diffi– coltà che incontrano nella loro vita economica, trovando piu semplice e piu comodo rivol– gersi a lui perché provveda a risolverle. A ciò concorre un'altra circostanza: quando si vuol vincere da sé una difficoltà bisogna prima escogitare il modo, dopo persuadere della sua bontà i cointeressati e, infine, superare gli ostacoli degli avversari. Ora il poter dire che si segue una via segnata dal Duce elimina di colpo i dubbi degli amici e i contrasti degli avversari. Lasciate che io deplori, in questa sede, il diffondersi di una simile consuetudine, che potrebbe far sorgere una generazione di individui alieni, per poltroneria o per pavidità, dall'assumere le responsabilità necessarie. Il fatto che il capo diventa ogni giorno piu grande non deve autorizzare gli italiani a diventare ogni giorno piu piccoli. 4 Mussolini vide l'aspide nascosto sotto i fiori, e fece eliminare queste parole dal resoconto della seduta che fu comunicato alla stampa. Il risentimento dei grossi uomini d'affari per le inframettenze del go– verno nelle loro faccende è bene illustrato dalle vicende del consorzio del ferro. Tra il 1929 e il 1931, gli industriali del ferro cercarono di formare un trust tra tutti i produttori di ferro per dominare il mercato interno al riparo di una tariffa doganale fortemente protettiva. Il trust non fu chiamato trust - questa parola non è permessa nello Stato corporativo - ma "con– sorzio." Poiché alcuni dei produttori si rifiutarono di aderire al trust, il governo venne in aiuto dei grandi industriali con il decreto legge 31 dicem– bre 1931, che autorizzava il ministro per le Corporazioni a disporre la co– stituzione di consorzi obbligatori fra gli esercenti dei vari rami dell'industria siderurgica, "allo scopo di disciplinare la fabbricazione e la vendita da parte In mezzo agli industriali, a certi industriali, si è fatta strada una mentalità contro cui è bene che le forze vive dell'industria reagiscano. Si pensa: andiamo pure avanti. Quando la nostra azienda non potrà piu proseguire, chiederemo l'aiuto dello Stato. Io so benissimo che molti industriali in questi momenti di difficoltà e di ostacoli vedrebbero volentieri la possibilità di mutare la loro situazione di capi di imprese in quella di semplici funzionari statali, preposti a qualche azienda, non esposti a rischi cli fallimenti, perché in ogni ipotesi qualche soccorso esterno provvede. Ma il giorno in cui questa mentalità si affermasse [ ... ] quel giorno l'industria privata sarebbe finita, e l'industriale non avrebbe piu niente da fare. [ ... ] Quelli fra voi che hanno cognizioni tecniche, diventeranno dei buoni direttori tecnici; quelli fra voi che hanno buone cognizioni amministrative, dei buoni direttori amministrativi: ma industriali non lo sarete piu!" ["L'Organizzazione Industriale," 30 novembre 1933, pp. 688-89: N.d.C.] 4 A. P., Senato, Legislatura XXVIII, Discussioni, vol. VI, p. 7098. 346 Bibloteca Gino Bianco

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