Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo III

Fascismo, capitalismo e burocrazia si quando ciò gli sia possibile, senza mai sacrificare i capi militari, senza mai correre inutili rischi, e cedendo sempre alle pressioni piu forti o alla . ' necessita. Tra la seconda metà del 1926 e il 1927, la rivalutazione della lira era voluta non dai grandi capitalisti ma dagli alti burocrati. I loro stipendi erano stati penosamente decurtati dall'inflazione. Con la rivalutazione della lira non erano essi soli a guadagnarci, bens.1 tutti gli impiegati statali, gli ufficiali dell'esercito, i funzionari del Partito fascista, e i detentori di titoli di Stato. In compenso delle perdite sofferte dai grossi uomini d'affari a causa della rivalutazione della lira, essi ottennero le riduzioni salariali. Queste riduzioni salariali giovarono anche ai datori di lavoro di ceto medio, ma non compensarono le perdite. Dopo il 1929, i grossi uomini d'affari fu– rono costretti a cercare altri rimedi, se non per salvarsi almeno per riprender fiato. Uno dei rimedi possibili sarebbe stata una riduzione fiscale. Era assur– do che nel 1934 il paese continuasse a pagare al governo centrale, alle ammi– nistrazioni locali, al Partito fascista e alle organizzazioni da esso dipen– denti, tasse che cumulativamente ammontavano a venticinque miliardi di lire all'anno, cioè a dire quanto esso pagava nel 1926, prima della rivaluta– zione della lira e prima della depressione mondiale. Perciò, a partire dal 1929, ogni anno la commissione nominata dalla Camera e dal Senato per esaminare il bilancio, affermava che tutto andava nel migliore dei modi possibili, ma esortava il Duce a rendere ancor piu splendente la sua gloria ordinando una severa riduzione delle spese pubbliche. Quali spese si sareb .. mero dovute ridurre? Le spese militari erano sacrosante. Bisognava limitare altre spese. Ciò comportava una riduzione negli stipendi dei pubblici impie– gati. Gli stipendi dei pubblici impiegati, dopo essere stati aumentati nel 1923 e nel 1926, furono ridotti nel 1927, aumentati di nuovo nel 1929, e di nuovo ridotti nel 1930 e nel 1934 (cfr. sopra p. 307 sgg.). Ma gli alti burocrati e i capi militari riuscirono a conservare per i loro stipendi una parte degli aumenti ottenuti dal 1923 al 1929. Coloro che hanno perduto tutto il terreno guadagnato sono gli impiegati dei gradi medi e inferiori dell'amministra– zione civile e militare. La legge che istituiva le corporazioni fu una vittoria degli alti buro– crati sulla "iniziativa privata." Nel 1934, quando la legge fu varata, gli uomini d'affari italiani erano demoralizzati da otto anni di acuta crisi economica e bussavano alle porte dello "Stato" come postulanti in cerca di soccorso. 3 Le classi medie, medio-inferiori, e lavoratrici non avranno al- 3 Un documento che illustra questo stato di demoralizzazione è la conferenza tenuta a Torino il 20 novembre 1933 dal segretario della Confederazione nazionale degli industriali, Olivetti, il rappresentante migliore dei grossi uomini d'affari italiani. II discorso, nel salone dell'Unione industriale, ebbe luogo tra il gelo generale: "In questi momenti ciascuno è disposto a credere che gli altri siano meglio di se stesso. Guardate: se voi parlate coi capi d'una grande azienda, si lamentano della concorrenza delle medie e delle piccole. Se voi parlate coi capi di piccole o medie aziende, vengono fuori le osservazioni che una voce dal fondo della sala faceva presenti un momento fa. Se io dovessi dirvi la verità, credo che, salvo poche eccezioni, in questo momento le grandi aziende stanno meno bene delle piccole e delle medie. Non è detta su questo ancora l'ultima parola, ma dovete pensare che vi sono delle grandi aziende, le quali lavorano oggi al 20 per cento della loro capacità di produzione. Credete che possa continuare lungamente cosi? [ ... ] 345 Bibloteca Gino Bianco

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