Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo III

Sotto la scure del fascismo attestata dal largo numero di persone che i fascisti si vantano di rifocillare in occasione del Natale. Per il Natale del 1930, nella città di Milano furono distribuiti indumenti, generi alimentari, ecc., a 15.000 famiglie povere; a Parma, in un solo quartiere della città furono assistite 300 famiglie (Cor– riere della Sera, 25 dicembre 1930); a Ferrara, 2.800 famiglie povere rice– vettero carne, farina, ecc., per un importo totale di lire 8.527, cioè meno di quattro lire per famiglia (Corriere della Sera, 3 gennaio 1931). Certo c'era poco da scialare! Nel paese di Jolanda di Savoia (3.017 abitanti) in provincia di Ferrara si dovettero soccorrere 100 famiglie, e lo stesso a Formignana (3.715 abitanti). Ad Argenta (5.335 abitanti) furono assistite 114 famiglie (Corriere Padano, 29 dicembre 1930); a Padova (83.281 abitanti), 3.000; a Reggio Emilia (43.695 abitanti), oltre 3.000; a Voghera (25.174 abitanti), 1.300 (Corriere della Sera, 27 dicembre 1930); a Bologna (214.955 abitanti), oltre 4.200 famiglie (Resto del Carlino, 25 dicembre 1930); a Medicina (4.264 ~ abitanti), 340 famiglie (Resto del Carlino, 30 dicembre 1930). Per il Natale del 1933, a Genova e provincia (831.000 abitanti) si dovet– tero assistere 13.162 famiglie (Lavoro, 27 dicembre 1933), 2.800 persone ri– cevettero i pasti nelle cucine pubbliche gratuite (Lavoro, 31 dicembre 1933); a Milano e provincia (1.000.000 di abitanti) le famiglie assistite ammonta– rono a 40.992 (Corrz·ere della Sera, 30 dicembre 1933). A Bologna e provin– cia (683.000 abitanti) furono assistite 19.598 famiglie comprendenti 120.000 persone (Resto del Carlino, 13 gennaio 1934). I poveri, sembrerebbe, hanno l'abitudine di mangiare ogni giorno di "festa." Di tanto in tanto, perciò, ci giungono notizie di pranzi ai quali i poveri sono invitati per celebrare qualche lieta ricorrenza, ciò che purtroppo non capita tutti i giorni dell'anno. A Modena c'è l'abitudine di offrire una cena ai poveri la sera del Giovedf grasso. La città conta circa 13.000 famiglie. Come leggo in una lettera che mi ha scritto in proposito F. L. Ferrari, auto– re di un lavoro eccellente (Le Régime Fasciste ltalien, Paris, Editions Spes, 1928) e cittadino modenese: "Nel 1922, non solo in città ma nell'intero co– mune, non si sarebbero trovati quattrocento poveri da sfamare." Il 27 feb– braio 1930 i poveri invitati a dividere il pasto ammontarono a ottocento (Regime Fascz"sta, 28 febbraio 1930), e nel febbraio 1931 il numero era salito a 1.500 (Resto del Carlino, 18 febbraio 1931). A Pavia una usanza simile a quella di Modena esiste a mezza quaresima. Nel 1932, cinque cucine siste– mate in una pubblica piazza distribuirono gratuitamente polenta, baccalà, f . " h. I " e ormagg10 a c 1unque ne vo esse. Il lavoro è continuato tutta la mattina ed il pomeriggio tra il viavai incessante degli uornini ai "pezzi," quasi le caldaie fossero mortai che non riescono a vomitare bombarde di polenta che bastino a placare la moltitudine delle richieste. Nove quintali di farina gialla hanno fornito circa 10.000 razioni distribuite a beneficio delle 2.300 famiglie "clienti'' dell'assistenza invernale fascista. Un quinto della popolazione di Pavia è stata oggi sfamata. 11 11 "Popolo d'Italia," 5 marzo 1932. 314 Bibloteca Gino Bianco

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