Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo III

Sotto la scure del fascismo il dichiarato scopo di "decongestionare" le università, il numero di coloro che arrivano a finire quegli studi che preparano alle professioni è legger– mente diminuito, ma è sempre molto piu alto di quanto non fosse nel pe– riodo prebellico: 8.237 nel 1924; 7.495 nel 1925; 7.400 nel 1926; 7.033 nel 1927; 8.702 nel 1930; 8.606 nel 1931; 8.651 nel 1932. Mentre dal 1913 al 1931 la popolazione aumentò da 35 a 41 milioni, cioè del 18 per cento, il numero di professionisti prodotto dalle università, aumentò grosso modo del 100 per cento. Nei primi anni del governo fascista, questa esuberanza di popolazione universitaria non turbò l'equilibrio sociale, perché i posti resi liberi nelle pubbliche amministrazioni dal licenziamento degli elementi "antinazionali'' potevano essere occupati da quei giovani che presentavano la tessera del Partito fascista. Inoltre, si crearono a migliaia nuovi uffici nelle organizza– zioni poste in essere e controllate dal partito: organizzazioni legali di datori di lavoro e prestatori d'opera, associazioni autorizzate di pubblici funzio– nari, associazioni di professionisti, organizzazioni giovanili, Dopolavoro, ecc. I titolari di questi uffici, strettamente parlando, non facevano parte della burocrazia, ma venivano invariabilmente remunerati a spese del paese. Nei primi cinque anni della sua esistenza, la dittatura creò posti di lavoro per non meno di 150.000 persone. Essa aveva qualcosa da offrire a ogni infornata di giovani intellettuali quando questi ogni anno arrivavano sulla scena. Ma la crisi economica prodotta dalla rivalutazione della lira, e poi la depressione mondiale, mutarono la situazione. Le imprese economiche pri– vate non assorbivano piu, ma, invece, licenziavano lavoratori sia manuali che intellettuali. Il 21 marzo 1928, il deputato fascista Perna parlando alla Camera affermò che in Italia c'erano circa un migliaio di farmacisti e altret– tanti medici disoccupati. Nell'agosto 1928, su 15.000 ingegneri 3.000 erano senza lavoro, e molti di coloro che avevano una occupazione dovevano contentarsi di salari che andavano dalle 800 alle 1.000 lire mensili. 1 Il 20 feb-– braio 1929, il Corriere della Sera informava i suoi lettori che tra le comparse del Teatro alla Scala di Milano non mancavano "professionisti, magari avvo– cati, magari medici": "La miseria è cosi grande che per dieci lire si può benissimo prendersi il lusso di essere per un'ora senatori romani o sacerdoti egizi." Il deputato fascista Zangara, scrivendo nel Resto del Carlino, 5 luglio 1929, osservava che lasciare i giovani laureati "inoperosi e disoccupati per due o tre anni può essere di gravissimo danno per l'avvenire loro e per la costituzione di quella classe dirigente che la rivoluzione fascista ha il diritto e il dovere di costituire": "Bisogna che i giovani fascisti che escono dalle università vengano (...) adoperati ed utilizzati nella carriera della diplo– mazia, nelle varie organizzazioni sindacali, nelle amministrazioni dello Stato e nelle cariche del partito." Nel 1930, a un esame di concorso per l'assunzione di 150 alunni agenti di polizia, "vi affluirono circa 1.000 candidati, di cui molti con titoli di 1 "Lavoro d'Italia," 24 e 30 agosto 1928. 304 Bibloteca Gino Bianco

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