Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo III

Alloggi Quali debbano essere le condizioni nelle città piu povere si può arguire da quanto fu detto alla Camera, il 1° marzo 1933, dal deputato fascista Catalani: Un quinto circa della popolazione di Potenza vive in scantinati detti "sottani," sottoposti al livello stradale da un minimo di due metri ad un massimo di cinque: umidi e miserabili tuguri di un sol vano, stamberghe malsane ed oscure, insuscettibili di qualsiasi miglioramento, dove si nasce ma con piu facilità si muore, dove si svolge in una promiscuità sessuale penosa la vita piu intima, spelonche ove gli uomini, le donne ed i fanciulli vivono con le bestie. Tali umidi abituri (...) non prendono luce che dagli usci, e poiché ammontano a ben 578 - di cui 275 mancano di camini, 101 di mezzi di scarico, sia pure rudimentali - rappresentano un permanente pericolo per la pubblica igiene. (...) In queste spelonche languono 600 fanciulli, 1.200 donne, 1.200 uomini. 18 Nella città di Matera, che Mussolini ha reso capoluogo di provincia, la popolazione lavoratrice, quasi esclusivamente lavoratori agricoli, "è allog– giata in numerose caverne scavate nella nuda pietra e sovrapposte le une alle altre, come le celle di una arnia nel cosiddetto 'Sasso.'" "Le caverne ricevono aria e luce soltanto dalla porta e quindi la aerazione e la illumina– zione vi fanno assoluto difetto, tanto piu che quelle popolazioni rurali, vuoi per miseria, vuoi per altra ragione, raramente fanno uso di illuminazione artificiale. L'ambiente è quasi sempre unico, e serve ad un tempo da cucina e da camera da letto. ' 119 Secondo una relazione (maggio 1933) del sindaco di Catanzaro, al pari di Matera città capoluogo di provincia, in quella città ci sono 5.566 abita– zioni, di cui 1.444 (cioè il 20,5 per cento) collocate al di sotto del livello stradale. In questi scantinati, chiamati "bassi" o "catoi," generalmente non c'è focolare, e il cibo è cotto nella strada davanti all'uscio di casa; non ci sono gabinetti, e il pavimento della casa è a sterro; in media, ciascuna di queste tane è abitata da 3,85 persone; ma alcune contano persino 13 abitanti. La comitiva di giornalisti che nell'ottobre 1929 si recò alla scoperta della Sicilia (cfr. sopra, p. 262), trovò che da quando Mussolini aveva preso nelle sue mani il destino dell'Italia tutti erano ricchi e felici. La descrizione della vita dei minatori nelle zolfatare fatta da questi giornalisti era talmente allet– tante da far nascere nel let,tore il desiderio di precipitarsi in Sicilia e diven– tare uno zolfataro. Ma la falsità era talmente lampante e i minatori prote– starono con tanta energia, che il segretario del sindacato fascista di Somma– tino e Riesi fu costretto a mandare una lettera al quotidiano romano Lavoro Fascista (2 novembre 1929), in cui si diceva come stanno effettivamente le cose. In questa lettera leggiamo il seguente brano: Non è vero che la società abbia dato inizio alla costruzione di case di abitazione pei minatori. Gli operai la sera ritornano nei rispettivi paesi percorrendo quattro chilometri a piedi. Coloro che rimangono sul luogo sono alcuni forestieri e gli stipendiati (impiegati, ingegneri, ecc.) (...). Queste sono le "linde casette" che al giornalista hanno fatto intendere da servire ai minatori. ts A. P., Camera, Legislatura XXVIII, Discussioni, voi. VII, p. 7883. 19 "Lavoro Agricolo Fascista," 30 novembre 1930; e si veda U. ZANOTrI-BIANCO, La Basilicata, Roma, Collezione Meridionale Editrice, 1926, pp. 375 sgg. 273 Bibloteca Gino Bianco

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