Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo III

Sotto la scure del fascismo 10. Il contratto di lavoro del novembre 1930 tra macellai e loro dipendenti nella provincia di Brindisi stabiH che tali dipendenti dovevano lavorare 60 ore la settimana, cioè 10 ore al giorno (Lavoro Fascista, 22 novembre 1930). 11. Secondo il contratto di lavoro del gennaio 1931 tra datori di lavoro e lavoratori agricoli nella provincia di Mantova, "l'orario normale di lavoro" è di otto ore, ma "quan– do le esigenze dell'azienda lo richiedessero è ammessa la protrazione dell'orario per non oltre due ore al giorno nei mesi dal 15 maggio al l5l agosto, senza diritto a compenso.'' Inoltre: "Nelle epoche di raccolto il salariato dovrà prestarsi di giorno e di notte senza diritto a compenso quando la raccolta si presenta con carattere d'urgenza. Agli effetti del- 1' orario non si considerano come lavoro effettivo, e perciò non sono compresi nella durata del lavoro normale, i riposi intermedi e il tempo per l'andata al campo o al posto di lavoro e quello per il ritorno in conformità delle consuetudini locali. È in facoltà delPa– gricoltore di distribuire l'orario di lavoro giornaliero a seconda delle esigenze agricole dell'azienda" (Lavoro Agricolo Fascista, 1° febbraio 1931). 12. Nel quotidiano La Tribuna (13 giugno 1931), un collaboratore si compiaceva che "le otto ore di lavoro in campagna siano, per fortuna, restate ancora un mito"; ma lamentava che "il lavoratore agricolo rende meno," e "laddove bastavano a compiere un , determinato lavoro dieci operai, oggi ce ne vogliono quattordici o quindici se non piu." In tal modo egli ricordava ai suoi lettori che il lavoro degli schiavi è meno produttivo di quello degli uomini liberi. 13. Nel dicembre 1931 il 29 per cento dei lavoratori nelle costruzioni navali, il 12 per cento nella industria laniera, e il 14 per cento nell'industria delle calzature, prestavano lavoro straordinario (BANCA CoMMERCIALEITALIANA, Movimento economico dell'Italia. Raccolta di notizie statistiche per l'anno 1931, Milano 1932, p. 255). 14. Il 28 luglio 1932, il ministro delle Corporazioni concesse che, per quattro mesi all'anno, i· dipendenti dell'industria casearia potessero superare le 48 ore settimanali. Il 12 agosto, estese tale concessione alle imprese commerciali che vendono frutta e verdura; e il 22 settembre permise che il personale addetto alle macchine trebbiatrici lavorasse 60 ore la settimana (Bollettino del Lavoro, settembre-ottobre 1932, pp. 219-20). 15. Il 2 settembre 1932, il segretario dei sindacati commerciali di Torino affermò quanto segue: "Non mancherebbero provvedimenti da adottarsi subito e tali da produrre un assorbimento notevole di disoccupati: vietare il lavoro straordinario. È noto infatti che la giornata delle otto ore è quasi ovunque non applicata. Si lavora dieci ore nei negozi e nelle ditte commerciali in genere, mentre nella categoria degli alberghi e pubblici eser– cizi si arriva a dieci e tredici ore di lavoro. Calcolando a 35.000 il numero dei dipen– denti del commercio nella nostra provincia e che almeno 25.000 di essi facciano dieci ore di lavoro (crediamo di essere inferiori alla realtà), cioè due ore in piu delle otto, avremmo 50.000 ore di lavoro da distribuire ai disoccupati che sono, nel commercio, oltre 5.000" (La Stampa, 3 settembre 1932). 6 16. Con un decreto del 5 dicembre 1932 il governo autorizzava le industrie elettro– chimiche a superare per sei mesi dell'anno le otto ore giornaliere e le 48 ore settimanali (Industria/ and Labour Information, 20 febbraio 1933, p. 252). 17. Il 6 gennaio 1933, la Stampa pubblicava la seguente lettera di un operaio "ita– liano e fascista": "In una importante fabbrica di rayon della provincia di Aosta gli operai lavorano in due turni dalle 6 del mattino alle 14 del pomeriggio e dalle 14 alle 1O di sera. Molte delle maestranze, quando hanno finito il loro turno, sono obbligate a ritor– nare in fabbrica a fare tre o quattro ore di lavoro straordinario in modo da compensare la mancanza di mano d'opera e per far fronte alle necessità di una maggiore produzione. Queste ore di straordinario non sono pagate come tali, e alcune volte gli operai debbono camminare per piu di un'ora per far ritorno in fabbrica. Con tutto ciò, i lavoratori cor– rono ancora il pericolo di essere licenziati." 18. Il 15 febbraio 1933, alla Camera, un dirigente sindacale si lasciò sfuggire la 6 Al 31 agosto 1932, le statistiche ufficiali davano appena 637 disoccupati tra i dipendenti del commercio per la provincia di Torino ("Bollettino del Lavoro," ottobre 1932, p. 289); un'altra prova, se ce ne fosse bisogno, che le statistiche della disoccupazione sono falsate. 250 BiblotecaGino Bianco

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