Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo III

Le statistiche della disoccupazione in Italia dine dell'Italia meridionale, la sola fonte d'informazione erano i dati ela– borati dagli impiegati municipali. Le statistiche della disoccupazione relative agli anni 1920-22 furono sem– pre il risultato di una combinazione dei sistemi 1 e 2. 5 Dal 30 giugno 1922 gli uffici di collocamento non furono piu auto– rizzati a prestare opera d'assistenza. I lavoratori quindi avevano minor ragione di iscrivervisi. Poi arrivò il regio decreto 30 dicembre 1923 che aboliva nel bilancio nazionale gli stanziamenti per gli uffici di collocamento. Il mantenimento di tali uffici fu assunto dai comuni, i quali in pratica prima o poi li abolirono completamente. Scomparsi gli uffici di collocamento, le cifre della disoccupazione diminuirono. Dopo questa riforma, le statistiche della disoccupazione rimasero soltanto quelle fornite dagli impiegati comunali nel modo descritto. Ma l'atteggiamento di questi funzionari non fu piu quello di prima. Avanti il 1922 essi avevano esagerato il numero di disoccupati per convincere il go– verno ad intraprendere nei loro comuni un largo numero di opere pubbliche. Ora, secondo Mussolini, l'Italia doveva essere prospera e felice, e quindi non ci doveva piu essere disoccupazione. Gli impiegati comunali videro da che parte soffiava il vento e nel riempire i moduli mensili per la Cassa nazionale per le assicurazioni sociali di Roma adottarono diligentemente i nuovi criteri. Nel 1924 uno degli economisti italiani piu preparati, Vincenzo Porri, ammonf che sarebbe stato meglio non mostrarsi troppo soddisfatti per il basso livello dei dati ufficiali sulla disoccupazione, in quanto tali dati erano "incompleti. " 6 Nel 1926 un esperto di problemi del lavoro, G. Galletti, dimostrò che gli impiegati locali a cui era affidato il compito di "misurare" la disoccupazione si servivano di metodi diversi nelle diverse regioni d'Italia, e in alcuni comuni arrivavano a cifre grottesche, il cui totale risultava falso in senso ottimistico. Tali cifre non corrispondevano mai alla realtà dei fatti, tutt'al piu esse fornivano una indicazione appena approssimata sulla cui base congetturare se in un dato periodo si fosse avuto un aumento o una diminuzione. 7 Nello stesso anno, 1926, un altro studioso di condizioni eco– nomiche, Ernesto Rossi, arrivò alla conclusione che le statistiche della Cas– sa nazionale per le assicurazioni sociali "per la serietà dei nostri studi, non dovrebbero piu essere pubblicate su documenti ufficiali." 8 A partire dal 1929 si ebbe una nuova fonte di informazione in materia di disoccupazione, poiché il governo rimise in piedi gli uffici di collocamento che aveva soppresso nel dicembre 1923. Ma delle 7.000 città e centri abitati s E. RossI, Cosa valgono le statistiche della disoccupazione in Italia, in "La Riforma Socia~ le," settembre-ottobre 1926, pp. 484 sgg. Alla fine del 1922 MORTARA, Prospettive economiche 1923, cit., p. 423, scriveva: "Avvertesi che, per l'inattendibilità delle statistiche [governative], questi numeri [dei disoccupati] non vanno interpretati come misure della disoccupazione, ma soltanto come grossolani indici di essa." 6 V. PORRI, Popolazione e risparmio in Italia, in "La Riforma Sociale," novembre-dicembre 1924, p 466. 7 G. GALLETTI, La disoccupazione in Italia e quello che se ne sa, in "Giornale degli Eco- nomisti e Rivista di Statistica," ottobre 1926, pp. 563 sgg. s RossI, Cosa valgono le statistiche cit., p. 484. 219 Bibloteca Gino Bianco

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