Gaetano Salvemini - Scritti sul fascismo III

Sotto la scure del fascismo l'industria cotoniera? Nell'annunciare tale provvedimento, il Lavoro Fascista faceva finta di non capire che esso ridicolizzava tutto il sistema corporativo e si diceva fiducioso che gli operai "entreranno a far parte di diritto dell'I– stituto cotoniero italiano." Tuttavia il 7 maggio i giornali italiani, ad eccezione del Lavoro Fascista, rendevano noto che il consiglio di ammini– strazione dell'Istituto cotoniero sarebbe stato composto di dodici industriali e di un solo "rappresentante" dei sindacati operai, il quale sarebbe stato designato dal presidente della Federazione nazionale dei sindacati tessili. E cosf i delegati delle organizzazioni sindacali formano quasi un terzo della corporazione tessili, che non ha niente da fare; ma laddove c'è veramente da fare, come all'Istituto cotoniero, le organizzazioni sindacali avranno sol– tanto un delegato nominale contro dodici autentici rappresentanti degli inte– ressi industriali. Un regio decreto del 12 luglio 1934 stabili che tutte le esistenti com– pagnie di assicurazione dovessero possedere un capitale minimo: quattro~ milioni di lire per le compagnie di assicurazione sulla vita, due milioni per le compagnie di assicurazione contro gli incendi, e un milione per tutte le altre. Le compagnie che non fossero in grado di soddisfare tale requisito dovevano essere sciolte entro il 30 luglio 1936. Questo decreto condannava inaspettatamente a morte molte piccole compagnie che pagavano molto poco per spese generali e i cui clienti, generalmente piccoli proprietari, erano per– fettamente soddisfatti. Naturalmente l'intero giro d'affari di queste piccole compagnie sarà ereditato dalle grosse società d'assicurazione. La Federazione delle società cooperative di assicurazione di Alba (Pie- 1nonte), comprendente duecento compagnie condannate allo scioglimento, nel numero 39 della rivista Lavoro Cooperativo (1934) pubblicò una protesta in cui cosf si legge: Le società cooperative di assicurazione garantiscono un risparmio al cittadino che si assicuri con loro, perché ogni anno egli paga circa la metà soltanto del premio pre– visto dalla polizza. Nelle nostre società cooperative tutti gli uffici direttivi sono occupati senza alcuna spesa; i segretari ricevono stipendi che ,vanno dalle 100 alle 500 lire all'an– no, e le spese generali sono ridotte al minimo assoluto (. ..) Guardiamo adesso le grandi compagnie. Nel 1931 le Assicurazioni generali Venezia pagarono lire 999.244,74 come stipendi ai loro direttori. La Riunione adriatica di sicurtà pagò lire 599.912; e la Fondiaria pagò poco meno di lire 459.962. È da notarsi anche questo, che i direttori di una com– pagnia spesso occupano la stessa carica anche in un'altra compagnia: essi vivono nell'agio e i contadini pagano le spese. Prima del regio decreto 12 luglio 1934, gli agenti delle grosse compagnie andavano in giro per le campagne seminando discredito sulle organizza– zioni costruite negli ultimi trent'anni dalla nostra tenacia e onesto lavoro, e procla– mando ai quattro venti che se i contadini volevano assicurarsi dovevano passare sotto il giogo delle compagnie private. 5 Ecco il caso di un odioso monopolio creato dal governo nell'interesse delle grosse compagnie capitalistiche mediante lo sterminio arbitrario delle 5 Cit. trad. 112 Bibloteca Gino Bianco

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